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Ponte dentale, quando si sceglie e perché

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Tra le diverse procedure che possono essere praticate per sostituire uno o più denti mancanti, ci sono il ponte o l’impianto dentale.

Il ponte dentale è formato da 3 elementi, due pilastri, ossia i denti adiacenti a quello mancante, uniti tra di loro a formare il ponte dentale. L’una o l’altra soluzione sarà valutata dal dentista in base al caso specifico e alle necessità del paziente.

 Puoi riavere i denti di una volta

Il ponte dentale può essere fisso o mobile, ma questa seconda opzione viene utilizzata solo come rimedio temporaneo in attesa di una soluzione più stabile.

 

Come si applica un ponte dentale

La procedura per mettere un ponte dentale non è eccessivamente complessa, tuttavia necessita di tutte le visite e le indagini diagnostiche del caso. La prima cosa da fare è prendere le impronte dentali del paziente che saranno inviate in laboratorio per la realizzazione del provvisorio. Una volta avuto il ponte provvisorio e dopo un’attenta analisi dei denti che dovranno fungere da pilastro, i pilastri devono essere adeguatamente preparati, cioè devono essere limati fino a diventare due monconi, poi ricoperti da capsule per formare l’appoggio del ponte dentale. Quindi viene presa un impronta definitiva che viene mandata all’odontotecnico per l’esecuzione del lavoro finale.

Una volta pronto, il ponte dentale non viene fissato immediatamente, ma deve essere provato dal paziente per verificare la precisione, la confortevolezza e il colore che deve essere uguale a quello dei denti naturali per garantire un buon risultato estetico.

Se non si presentano inconvenienti il ponte viene cementato definitivamente in modo da evitare infiltrazioni che si avrebbero con un cemento provvisorio.

 

Materiali

Le corone del ponte dentale possono essere realizzate in diversi materiali come ceramica, porcellana o zirconio-ceramica. In linea generale tra i materiali prima elencati il più utilizzato è la ceramica che dà la possibilità di creare corone esteticamente più simili ai denti naturali. Oggi poi con il disilicato di litio si riesce a raggiungere spessori sottilissimi per cui i denti vengono limati davvero poco. In questo modo si evita di doverli devitalizzare.

 

Quanto dura un ponte dentale

Mediamente un ponte dentale può avere una durata che varia dai 5 ai 15 anni. Molto dipende dalle capacità dell’operatore che esegue il lavoro e dalla cura e dall’attenzione che il paziente metterà nella propria igiene orale domiciliare.

Chi ha un ponte dentale infatti deve lavare accuratamente i denti dopo ogni pasto, usare il filo interdentale o lo scovolino almeno una volta al giorno, usare l’idropulsore e sottoporsi periodicamente a sedute di igiene professionale.

 

Ponte o impianto dentale?

L’altra possibilità per sostituire un dente mancante è l’impianto dentale.

A differenza del ponte dentale dove sono i due denti adiacenti a sostenere la protesi, l’impianto dentale prevede di inserire nell’osso mascellare o mandibolare una radice in titanio che funge da supporto per il nuovo dente.

Anche se oggi si tende a scegliere un intervento di implantologia dentale per la sostituzione di un dente mancante, il ponte può essere preferito quando:

  • i denti che devono fungere da pilastri sono alterati nella forma o nel colore e quindi limarli e coprirli con capsule risulterebbe un vantaggio;
  • il paziente non vuole sottoporsi a nessun tipo di intervento chirurgico;
  • non c’è abbastanza osso per sostenere l’impianto e quindi sarebbero necessarie manovre rigenerative anche complesse.

Rispetto a quest’ultimo punto, oggi grazie a nuove leghe in titanio zirconia è possibile ottenere impianti più sottili e corti che possono essere usati anche in condizioni di scarsa qualità ossea, evitando in molti casi manovre di rigenerazione ossea.

Premesso che deve essere il dentista a valutare caso per caso, l’esecuzione di un impianto e quindi di corone singole è la scelta da preferirsi. Infatti con l’uso di impianti non si danneggiano e si limano i denti adiacenti, si realizzano corone singole facili da pulire con il filo interdentale, e se si deve rifare una corona non va ricostruito tutto il ponte.

Purtroppo, spesso molti dentisti optano per i ponti perché sono più semplici da eseguire. Infatti la gestione dei profili di emergenza di corone singole e dei punti di contatto è molto complessa. Un punto di contatto non eseguito correttamente provoca un accumulo di cibo e il fenomeno del “food impaction” che con il tempo provoca l’insorgenza di carie e perdita di osso attorno alle corone.

 

 

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9 miti da sfatare sui denti e sull’igiene orale

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Quello dei dentisti è un mondo pieno di miti da sfatare. Come ogni altro settore in questo mondo, ci sono dei professionisti che lavorano ogni giorno per dare il miglior servizio possibile ai propri clienti. In questo caso pazienti. D’altro canto – anche grazie alla diffusione di internet, diciamocelo – le credenze e i falsi miti si rincorrono. E rischiano di fare danni.

Sì, danni. Perché quando si applicano soluzioni inadatte per curare una carie o sbiancare i denti il rischio è quello di rovinare la propria bocca. Anche in modo grave. Il compito di un bravo dentista è, in primo luogo, aiutare il paziente a evitare il mito della cura casalinga e fai da te. Tra le mura domestiche esiste la prevenzione, per il resto c’è la sedia dell’odontoiatra.

Però, osservando anche le ricerche fatte dagli utenti su Google, è facile capire che c’è ancora tanto materiale che dovrebbe essere affrontato. Così come ci sono dei miti da sfatare che oggi vogliamo elencare in questo articolo. Ecco una lista da ricordare e tenere sempre a portata di mano per chi continua a proporre questi concetti.

1) Preferisco non mettere un impianto perché c’è rischio di rigetto

Spesso accade, soprattutto per i denti meno visibili come i molari interni, che si preferisca non procedere con l’impianto di una protesi dentaria in sostituzione di un dente caduto. Succede un po’ perché si pensa che tanto il dente non sia visibile, quindi il problema estetico non si pone, un po’ perché si sente spesso dire che l’impianto può essere rigettato dall’organismo e in sostanza fallire.

Entrambe queste idee sono ingenue, perché da un lato i “vuoti” tra un dente e l’altro possono produrre inclinazioni, spostamenti e quindi danneggiare i denti vicini, ma soprattutto, è importante dire che il rigetto dell’impianto non esiste, bensì la sua espulsione può essere provocata da vari fattori che attengono per lo più alla non sterilità dell’ambiente operatorio, ad abitudini scorrette del paziente o a un errore dell’implantologo in fase operatoria.

Quindi è giusto sottolineare un punto: non si può parlare di rigetto del materiale – che è in titanio, materiale biocompatibile ed osteointegrabile, – ma l’abilità di chi inserisce l’impianto e la marca dell’impianto inserito sono aspetti essenziali per avere un lavoro duraturo nel tempo ed esteticamente soddisfacente.

2) Lavare troppo i denti fa male

In realtà i denti andrebbero lavati dopo ogni pasto, anche dopo un semplice spuntino e almeno 3 volte al giorno a prescindere se si è mangiato o meno.  

Il problema di chi lavandosi spesso i denti finisce con il danneggiare le gengive o erodere lo smalto è che, semplicemente, li spazzola con troppa forza e nel modo sbagliato.

Ricorda che la zona laterale dei denti va spazzolata muovendo le setole dalla gengiva verso il dente senza usare troppa forza, mentre la zona occlusale può essere trattata con maggior vigore, ma senza esagerare. In ogni caso è sempre opportuno farti mostrare il movimento corretto dal tuo dentista. Per approfondire: come lavare i denti 3 volte al giorno.

3) Se i denti non fanno male non serve andare dal dentista

Sbagliatissimo. Ognuno di noi dovrebbe andare dal dentista almeno ogni 6 mesi per un controllo e una seduta di pulizia dei denti professionale. Spesso possono esserci microfratture, problemi a una radice, inizi di carie o altri problemi latenti che sulle prime non provocano dolore o fastidio, ma che possono portare in seguito a problemi gravi cui è più difficile rimediare.

Ridurre un problema ai denti sul nascere può essere un gioco da ragazzi. Perché aspettare che le cose si complichino? Spesso quello del non andare dal dentista quando i denti non fanno male è un mito proposto da chi ha paura delle cure. Ma proprio per questo dovrebbe essere più costante: curare una carie al suo esordio è molto più semplice e meno invasivo.

4) I problemi ai denti o la loro salute sono ereditari

Il fattore ereditario esiste ma oggi con le attuali tecnologie e conoscenze siamo in grado di controllare molto meglio le varie problematiche dentarie. Per cui l’ereditarietà non è più così determinante, ma influisce solo in minima parte nella possibilità che i figli presentino condizioni simili a quelle dei genitori.

Il fatto quindi che i nostri genitori abbiano sempre avuto denti sanissimi non ci garantisce che la stessa fortuna toccherà anche a noi. Meglio quindi tenere la guardia alta, praticare sempre una corretta igiene orale e non tralasciare le visite di controllo dal dentista.

5) Lo sbiancamento danneggia i denti

È un altro falso mito legato ai denti. Oggi le tecniche di sbiancamento dentale sono assolutamente sicure anche  in caso di eccessiva sensibilità dei denti. Quello che conta è il metodo di sbiancamento, il principio attivo dell’agente sbiancante e la durata dell’applicazione. È sempre meglio rivolgersi a uno studio qualificato.

Lo sbiancamento rovina i denti nel momento in cui viene fatto in modo approssimativo, a casa con sistemi “fai da te” e con soluzioni che vengono proposte senza una cognizione. Lo sbiancamento dei denti fai da te può essere pericoloso se non si seguono regole e passaggi ben definiti. Quindi è falso dire che questa pratica danneggia i denti: è così solo quando si fa senza guide e indicazioni.

Un ragionamento simile si può fare con lo sbiancamento laser: spesso si vede come il metodo migliore per ottenere buoni risultati, in realtà è sconsigliato perché può portare ipersensibilità e altri effetti.

6) Lo smalto dei denti si rigenera o si ricostruisce

No, lo smalto dei denti non si rigenera. Anche se si tratta di un elemento molto duro, il rivestimento esterno dei denti può rovinarsi nel tempo a causa di alimenti e abitudini scorrette. Mangiare frutta fa bene, ma alcuni alimenti molto acidi, tipo i limoni, possono causare danni nel tempo. Pertanto sarebbe bene limitarne l’uso o seguire alcuni accorgimenti che un dentista può indicare, tipo bere succhi di frutta acidi con l’utilizzo di cannucce oppure usare un collutorio indicato per le persone bulimiche che usato dopo l’ingestione di sostanze acide serve a neutralizzare l’acidità.

L’acido che si trova nei cibi può combinarsi con l’uso di dentifrici sbiancanti aggressivi, spazzolamenti energici e disturbi alimentari. Le cause dell’erosione dello smalto possono essere diverse, ma per recuperare l’antico splendore dei denti devi solo chiedere aiuto al tuo dentista. Che potrebbe proporti una ricostruzione con faccette o corone sottilissime in disilicato di litio senza dover preparare e limare l’elemento dentario..

7) Inutile preoccuparsi dei denti da latte perché cadranno

Certo che cadranno, ma nei tempi opportuni. È importante effettuare visite periodiche dal dentista perchè i denti da latte, se cadono prematuramente, possono produrre problemi nella masticazione o nello sviluppo regolare dei denti definitivi. È importante poi avere dei denti da latte sani perché facilmente ad esempio una carie profonda in un dente da latte può trasmettersi al dente permanente che si trova ancora nell’osso oppure provocare  un’infezione che ancora una volta può danneggiare il  dente definitivo.

A parte questo, i bambini vanno abituati fin da piccoli ad eseguire una corretta igiene orale oltre che alla frequentazione del dentista, per evitare rifiuti o fobie successive come l’odontofobia, che è appunto la paura del dentista.

8) Le gengive devono sanguinare un po’, si rinforzano

Assolutamente no! Ignorare le gengive sanguinanti dopo lo spazzolamento sarebbe come accettare che le mani sanguinino dopo averle lavate. Si tratta di un altro falso mito da sfatare. Se le gengive sanguinano è sempre perché sono infiammate a causa del tartaro e ci può essere spesso una perdita di osso attorno al dente.

Il sanguinamento gengivale è un segnale chiaro ed evidente che deve spingerci subito a fissare una visita dal dentista per un controllo e una pulizia dei denti. Prendersi cura della gengiva, inoltre, è il primo passo per evitare problemi di parodontite.

9) L’apparecchio per i denti si usa solo da adolescenti

Si tratta di un altro mito da sfatare. L’apparecchio per i denti si porta a qualunque età sia necessario correggere un disallineamento o risolvere una malocclusione. Piuttosto può capitare che un adulto provi ansia o imbarazzo all’idea di mostrarsi in pubblico con un apparecchio fisso per i denti, soprattutto se lavora a contatto con il pubblico o peggio ancora, nel mondo dello spettacolo.

In questo caso la soluzione esiste ed è l’ortodonzia linguale fissa senza attacchi, una tecnica per la quale il nostro studio è all’avanguardia. Si tratta di un apparecchio invisibile, perché fissato sulla zona linguale (interna) dell’arcata dentaria. Essendo privo di attacchi (brackets) non produce alcun fastidio alla lingua o alla fonazione. Come non averlo.

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Quanto costa ricostruire un dente

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Un dente che ha perso la propria forma originaria a causa di un trauma o per effetto dell’erosione dentale può essere facilmente ricostruito. Spesso la ricostruzione dentale viene fatta per preservare la funzionalità dell’elemento dentale, come nel caso di un dente cariato che viene otturato per salvaguardare la sua attività e vitalità. Nella maggior parte dei casi però il motivo per cui un paziente vuole ricostruire un dente danneggiato è di tipo estetico o se c’è dolore associato.

 I tuoi denti sono consumati?

Le tecniche di ricostruzione dentale sono diverse: un dente può essere ricostruito in composito o utilizzando corone, in gergo comune dette anche capsule, e faccette. Sarà sempre il dentista dopo aver valutato il caso specifico a consigliare la strada da seguire.

 

Costo della ricostruzione dentale

Il costo della ricostruzione dentale non è unico, ma dipende da diversi fattori come la tecnica utilizzata, il numero di denti coinvolti e la loro posizione. Se il dente da ricostruire ad esempio si trova nella zona frontale, oltre alla funzionalità si deve preservare anche l’estetica, di conseguenza richiede un’attenzione maggiore rispetto a un molare danneggiato da carie o erosione. Il colore dei materiali utilizzati deve essere identico a quello dei denti naturali, la forma deve armonizzarsi alla perfezione con quella del resto della dentatura, ecc.

Qual è il prezzo di una ricostruzione dentale? La nostra tabella mostra i prezzi delle cosiddette otturazioni, ovvero le ricostruzioni necessarie dopo che un dente è stato curato a causa di una carie e/o trauma.
Tipo di carie/cavitàCosto ricostruzione
Ricostruzioni che riguardano la sola superficie occlusale (carie I classe di Black)60 - 120
Ricostruzioni che riguardano una delle superfici interdentali (carie II classe di Black)100 - 200
Ricostruzioni che riguardano entrambe le superfici interdentali e la superficie occlusale (mesio-occluso-distale)150 - 300
Ricostruzione in zona estetica che riguarda una superficie interdentale (cavità classe III di Black)120 - 200
Ricostruzione in zona estetica che riguarda anche la superficie incisale del dente (cavità classe IV di Black)150 - 300
Ricostruzione del colletto dei denti (cavità V classe di Black)80 - 150

 

Come si ricostruisce un dente

Come dicevamo i materiali e le tecniche usate nella ricostruzione dei denti sono diversi, molto dipende dal tipo e dall’entità del danno subito dall’elemento dentale.

Vediamo nel dettaglio quali sono le diverse tipologie di ricostruzione dei denti.

 

Ricostruzione dei denti in composito

Uno dei materiali comunemente usati per la ricostruzione dei denti rotti o scheggiati, soprattutto per quelli anteriori, è il composito.

Questo tipo di materiale usato anche per le otturazioni, è in grado di garantire un elevato risultato estetico. Il materiale composito è disponibile in diverse colorazioni che permettono di ottenere un risultato finale del tutto naturale, consentendo al dente di riacquistare sia la forma che il colore originale. La ricostruzione del dente in composito è particolarmente indicata quando la parte da ricostruire è abbastanza piccola.

Nota dolente del composito è la sua sua stabilità nel tempo, infatti essendo un materiale poroso tende ad ingiallirsi e rovinarsi. Secondo la letteratura scientifica una ricostruzione in composito ha una durata media di 5 anni.

E obbligatoria in tutte le ricostruzioni in composito l’uso della diga di gomma. La diga di gomma isolerà le varie fasi dell’otturazione dai liquidi salivari e soprattutto dal respiro del paziente che è contaminato da batteri.

 

Ricostruzione con corona (capsula)

Se il danno è profondo e ha interessato la polpa, il dente deve essere devitalizzato e poi incapsulato. Le corone avvolgono tutto il dente e hanno la funzione principale di proteggerlo, rafforzarlo, inoltre nascondono alla perfezione tutti i problemi estetici legati a traumi, carie e devitalizzazione.

L’incapsulamento necessita di diverse sedute durante le quali viene preparato il dente e viene presa l’impronta che serve a fornire il modello del dente da trattare. Dal modello viene ricavata la capsula che viene applicata sul dente.

Con i materiali più recenti come il disilicato di litio possiamo realizzare corone  sottilissime ( fino a  0,3 millimetri di spessore). In questo modo oggi si può “incapsulare” un elemento dentario senza limarlo o comunque limarlo pochissimo.

 

Ricostruzione con faccette

Le faccette dentali rappresentano una buona soluzione sia per denti fratturati sia per quelli che hanno subito gli effetti dell’erosione dentale.

Quando il dente fratturato non ha subito danni tali da richiedere una devitalizzazione e la parte da ricostruire non è eccessivamente estesa, oppure si verifica un cambiamento di colore, le faccette in ceramica rappresentano un’ottima alternativa al materiale composito.

Con questo tipo di protesi infatti non viene ricostruita solo la parte mancante, ma l’intera superficie dentale.

 

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Perché dobbiamo lavare i denti 3 volte al giorno?

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Tutti (più o meno) sanno che occorre lavare i denti con una certa frequenza. In effetti bisognerebbe farlo dopo ogni pasto, vale a dire che nell’ipotesi in cui si segua una dieta particolare che prevede 5 pasti al giorno, occorrerebbe lavare i denti 5 volte.

 Scopri di più sull’igiene orale

Questa regola che, più o meno, viene ripresa sempre negli studi dentistici dovrebbe essere rispettata per avere sempre una corretta igiene orale. E per mostrare ad ogni sorriso denti bianchi ma soprattutto sani. Perché, nello specifico, dobbiamo lavare i denti almeno 3 volte al giorno? Affrontiamo insieme l’argomento e prendiamoci cura del tuo sorriso.

Quante volte al giorno si lavano i denti?

Sbagliato pensare che sia sufficiente lavare i denti 1 volta al giorno.  I denti si dovrebbero lavare dopo ogni pasto, ma il processo di accumulo della placca procede a prescindere dall’assunzione del cibo.  Perciò i denti vanno spazzolati almeno tre volte al giorno. Dopo 8 ore la placca – un agglomerato batterico che si deposita attorno ai denti – comincia a calcificare e trasformarsi in tartaro, il quale non è più rimovibile con lo spazzolino.

Per tale motivo, soprattutto nei soggetti predisposti alle carie o alla parodontite, non devono mai passare più di otto ore tra uno spazzolamento e l’altro. Se ci si spazzola i denti solo dopo i pasti principali, avremo che tra la sera e la mattina passano più di otto ore ed è meglio non farlo accadere. Per questo in questi casi l’ideale è spazzolarsi i denti 4 volte al giorno. Al mattino dopo la colazione, il pomeriggio dopo pranzo, la sera dopo cena e prima di andare a dormire.

In effetti la pulizia dei denti professionale, il cui scopo principale è la detartrasi, cioè la rimozione del tartaro, va effettuata due volte l’anno (in condizioni normali), e fino ad una volta ogni tre mesi (nei casi parodontali) proprio perché è molto difficile tenere una condotta tale da evitare completamente accumuli di tartaro tra denti e gengive. Tali accumuli, ricordiamolo, possono produrre gonfiore e sanguinamento gengivale, fino ai casi di parodontite e quindi perdita di osso e gengiva attorno ai denti in presenza di fattori ereditari.

Lavare troppo i denti fa male?

In realtà non è corretto dire che lavare troppo i denti fa male, ma è piuttosto il come si lavano a creare problemi. Lavare i denti 5 volte al giorno non è un problema, anche 6 può essere accettato. Il problema subentra quando lo spazzolamento diventa energico e orizzontale. In questo modo si consuma lo smalto dei denti senza ottenere una buona igiene orale.

lavare i denti, lavare i denti 3 vole al giorno, studio dentistico cozzolino

Puoi avere ottimi risultati, invece, proponendo un movimento verticale dello spazzolino con delle pennellate che vanno dalla gengiva verso il dente in modo da entrare nelle cavità tra i denti e poi pulire le superfici masticanti dei molari e dei premolari. Senza dimenticare le zone interne dei denti: troppo spesso l’attenzione si concentra solo sul lato esterno che risulta sempre molto abraso. Questo può portare anche diversi problemi alle gengive.

Lavare i denti appena svegli: prima o dopo colazione?

Una delle domande tipiche che viene proposta ai nostri collaboratori: conviene lavare i denti prima o dopo aver fatto colazione? Magari penserai prima, per togliere quella sensazione di bocca impastata così spiacevole. La risposta è semplice ed è già stata definita: sempre dopo i pasti, quindi anche nel caso della colazione è importante curare l’igiene orale dopo aver fatto il primo pasto della giornata. Soprattutto quando a colazione mangi marmellata, cibo zuccheroso per eccellenza.

Ultimo dettaglio: è giusto lavare i denti dopo il caffè? Assolutamente si! Soprattutto se assumiamo caffè con lo zucchero.

Dopo quanto tempo si devono lavare i denti?

Dopo aver risposto alla domanda relativa al quante volte lavare i denti in un giorno, è giusto chiarire l’intervallo di tempo tra il pasto e lo spazzolamento. Già pochi minuti dopo lo spazzolamento, i denti cominciano a ricoprirsi di una pellicola, composta da uno strato di mucoproteine salivari. Tale strato viene rapidamente colonizzato dai microorganismi presenti nel cavo orale tra cui:

  • Streptococchi (gruppi mutans, salivarius, mitis del quale fanno parte anche oralis, sanguinis e gordonii)
  • Spirilli
  • Lactobacilli
  • Actinomiceti

Tali batteri si depositano sui denti costituendo la cosiddetta placca batterica. La placca, trascorso un periodo di 8 ore comincia a solidificarsi e non può più essere rimossa con lo spazzolino. Il primo passo per un accumulo di tartaro è quindi compiuto! Quindi i denti si devono lavare subito dopo il pasto? No, leggi il prossimo paragrafo.

Attendi almeno mezz’ora prima di lavarti i denti

Parlando di come ci si lava i denti, abbiamo già affrontato il tema della differenza tra spazzolino elettrico e manuale. Un primo consiglio che vorremmo darti e di non avere fretta, sia per quanto riguarda lo spazzolamento, sia rispetto al tempo da far intercorrere tra la fine del pasto e il momento di lavarsi i denti.

È opportuno infatti attendere almeno 20 o 30 minuti come afferma il dottor Howard R. Gamble, presidente della US Accademia di Odontoiatria Generale, durante un’intervista al New York Times. Il dott Gamble sostiene che spazzolare i denti prima che sia trascorso un certo tempo, specialmente dopo aver bevuto bibite gassate o aver mangiato cibi acidi, può danneggiare seriamente lo smalto, andando a bruciare o corrodere il livello sottostante chiamato “dentina”. Insomma, quando al mattino fai le corse per arrivare prima di tutti in ufficio, cerca di ricordarlo.

lavare i denti, lavare i denti 3 vole al giorno, studio dentistico cozzolino

I cibi acidi sono i nemici dello smalto dentario

Come si rimuove la placca?

L’unico modo efficace per rimuovere la placca batterica da denti e gengive, prima che ne comprometta la salute, è utilizzare pazientemente e nella giusta maniera spazzolino da denti, filo interdentale, idropulsore e colluttorio. L’uso dello spazzolino è particolarmente raccomandato dopo i pasti principali ed in particolare prima di andare a dormire, perché nelle ore del riposo i batteri della placca sono facilitati nella loro azione nociva, in quanto all’aumento del livello di glucosio si associa una riduzione della salivazione.

Ci si deve lavare i denti almeno ogni 8 ore, quindi almeno tre volte al giorno per evitare il più possibile che la placca batterica sedimenti fino a diventare tartaro.

Utilizzo dello scovolino

Lo scovolino è un dispositivo per l’igiene orale concepito per ottenere una profonda pulizia tra dente e dente, attraverso la rimozione dei depositi di placca dagli interstizi tra i denti, dove lo spazzolino non può arrivare. Come il filo interdentale, lo scovolino viene fatto scorrere delicatamente tra dente e dente in modo da rimuovere i residui di cibo, placca e batteri anche dagli spazi interdentali inaccessibili allo spazzolino.

Nel caso in cui né lo scovolino né il filo interdentale vengono utilizzati, i batteri nascosti nella placca tra i denti proliferano indiscriminatamente anche in caso di un corretto utilizzo dello spazzolino elettrico o tradizionale.

Utilizzo dell’idropulsore

Tra gli altri presidi che andrebbero utilizzati per l’igiene orale c’è di sicuro l’idropulsore. Tale apparecchio sfrutta un getto d’acqua e/o collutorio ad alta pressione che rimuove i residui di placca accumulati tra i denti, risultando quindi particolarmente utile nei pazienti portatori di apparecchi ortodontici e/o protesici (come corone e ponti), per i quali è più complicato, se non impossibile, utilizzare il filo interdentale per pulire fra dente e dente.

L’uso dell’idropulsore diventa fondamentale nei pazienti parodontopatici per pulire anche all’interno delle tasche e quindi rimuovere la placca che si può depositare sotto la gengiva. L’idropulsore va utilizzato dopo ogni spazzolamento.

Un consiglio pratico è di utilizzarlo con le labbra chiuse sul beccuccio per non schizzare ovunque nel bagno. Va utilizzato puntandolo contro i denti e le gengive sia all’esterno di questi ultimi che all’interno.

Filo interdentale e colluttorio

Questi strumenti sono indispensabili per pulire i denti e scongiurare la formazione della placca. Il filo interdentale, in particolar modo, aiuta a pulire le superfici vuote tra i denti e dovrebbe essere passato una volta al giorno. Ma attenzione alla tecnica che utilizzi: il filo dovrebbe abbracciare il dente e detergere tutta la superficie del dente nascosta all’azione dello spazzolino. Va utilizzato quindi due volte per ogni spazio interdentale. Il filo interdentale lavora in uscita. Una volta deve aderire verso la superficie più anterioredel dente e la seconda volta verso la superficie più posteriore.

A dare man forte arriva il collutorio che deve essere usato in base alle indicazioni proposte dall’etichetta.
Non bisogna dimenticare che molti collutori come quelli a base di clorexidina usati dopo gli interventi o nei pazienti parodontopatici, vanno utilizzati per brevi periodi.

In ogni caso, per avere maggiori informazioni sull’uso di spazzolino e altri strumenti per l’igiene orale (ma anche per avere indicazioni sulla corretta igiene orale) puoi chiedere al tuo dentista di fiducia.

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Problemi Con le Faccette Dentali

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Sorridere è importante ma se lo si fa con una dentatura perfetta è ancora meglio. Ecco perché è importante affrontare i vari problemi delle faccette dentali: queste soluzioni aiutano ad avere denti belli da mostrare ma hanno anche alcune controindicazioni.

Avere un bel sorriso ci aiuta a stare bene con noi stessi, ci agevola nei rapporti interpersonali e lavorativi. Insomma, chi ha la fortuna di avere denti perfetti e un sorriso smagliante ha una vera e propria marcia in più.

 Scopri di più sulle faccette dentali

Lo sanno benissimo anche le star di Hollywood che sempre più spesso abbandonano lo studio del chirurgo plastico per sedersi sulla poltrona del dentista. Molti Vip hanno scelto le faccette dentali per ottenere questo risultato ma quali sono i problemi che potrebbero subentrare? E le relative soluzioni?

Cosa sono e come funzionano le faccette dentali

Oggi tutti possono aspirare ad avere un bel sorriso grazie all’uso delle faccette dentali, sottilissime protesi in ceramica applicate direttamente sul dente per ritoccarne l’aspetto estetico. Con le nuove tecnologie, è possibile realizzare restauri estetici senza toccare lo smalto (se non in minima parte) e senza devitalizzare i denti.

Per quanto l’applicazione delle faccette sia un’operazione priva di rischi, la maggior parte delle persone che decide di intraprendere questa strada viene assalita da dubbi e paure, il che è assolutamente normale quando si decide di affrontare un cambiamento.

D’altro canto, per ottenere un sorriso degno di una fashion blogger, la strada da seguire è questa. Se hai i denti storti, devi pensare ad una cura per raddrizzarli, magari con un apparecchio invisibile, e se sono macchiati devi pensare ad uno sbiancamento. Le faccette dentali, invece, risolvono problemi estetici anche più importanti. Ma quali sono i dubbi e i problemi riscontrati dai pazienti? Iniziamo dal primo, forse il più importante per chi decide di sottoporsi a questa terapia.

Devo limare il dente per mettere la faccetta?

La prima preoccupazione di ogni paziente riguarda la limatura del dente sul quale sarà posizionata la faccetta. La fase di preparazione del dente è importantissima e prevede, appunto, la limatura di una minima quantità di smalto dentale pari allo spessore della faccetta che sarà cementata. Se questa operazione non viene eseguita perfettamente, si viene a formare uno “scalino” nella zona di passaggio a livello della finitura del margine delle faccette dentali.

Con il tempo si rischia di vanificare tutto il lavoro fatto a fini estetici, in quanto le infiltrazioni di cibo e placca si accumulano nello scalino che con il tempo cambierà colore fino a diventare giallo o marrone. Oggi, grazie all’utilizzo di materiali di ultima generazione che permettono la realizzazione di faccette dentali molto sottili, come il disilicato di litio, è possibili limare il dente pochissimo, bastano infatti solo 0.2 mm.

C’è rischio che le faccette si stacchino? Quanto durano?

Dopo quella della limatura del dente, la paura più frequente è sicuramente quella relativa alla “caduta delle faccette” (distacco o decementazione). In realtà, questa è una preoccupazione infondata perché, se viene studiata bene l’occlusione e se la cementazione è eseguita in modo corretto, non c’è pericolo che le faccette si stacchino.

Anzi, con la giusta attenzione, le faccette dentali possono durare anche più di 10 anni. La loro durata è influenzata dal materiale utilizzato, dalle abitudini del paziente e dalla cura che verrà dedicata alla loro manutenzione. I più grandi pregi delle faccette in ceramica sono che non cambiano colore con il tempo e che hanno un’elevata resistenza.

E se dopo aver messo le faccette non mi piaccio?

Applicare le faccette determina un cambiamento a livello dei denti che inevitabilmente si rispecchia anche sulla fisionomia del volto. Per questo uno dei più grandi timori dei pazienti è proprio quello di non piacersi dopo l’applicazione delle faccette dentali.

Questo problema oggi è superato perché si hanno a disposizione delle simulazioni (mock-up), cioè delle faccette in materiale provvisorio di soli 0.1 mm che appoggiati sui denti prima della eventuale limatura fanno vedere esattamente quale sarà il risultato finale dopo l’applicazione delle faccette definitive.

Detto in altre parole, prima di intervenire sui denti, si lavora su una diagnosi estetica capace di prevedere tutti i fattori che andranno a interessare l’aggiunta delle faccette dentali. In particolar modo, si effettua l’analisi di caratteri estetici come la linea mediana superiore ed inferiore, gli assi di inclinazione dentaria, le proporzioni intra- ed inter-dentali, la curvatura ed i margini incisali. In questo modo diventa facile prendere una decisione.

Faccette corone disilicato litio linea mediana bipupillare occlusale

Meglio mettere le faccette o incapsulare i denti con le corone?

Corone e faccette dentali sono entrambe protesi dentarie che vengono utilizzate di volta in volta e in base a specifici casi per correggere difetti come denti gialli, rotti, consumati o colletti dentali scoperti.

Oggi incapsulare un dente non è più traumatico come fino a qualche anno fa, quando occorreva limare molto i denti fino a farli diventare dei fragili monconi, in quanto le corone dovevano avere uno spessore notevole per essere sufficientemente resistenti. Con i moderni materiali, lo spessore delle capsule (corone, come le full veneers) si è assottigliato talmente tanto da consentire l’incapsulamento di un dente dopo averlo limato pochissimo.

Le full veneers, che hanno la tenuta di una capsula ma lo spessore di una faccetta, si sono affermate come la soluzione protesica al momento più conservativa. Le faccette sono ideali quando si tratta di risolvere problemi come piccole fratture, discromie o usure: solitamente si ricorre alle faccette dentali per risolvere scheggiature da trauma e anomalie congenite (malformazioni e spazi aperti). La corona (capsula) è indispensabile quando bisogna ricoprire completamente il dente rovinato per traumi o carie. Quindi la scelta dipende dal tipo di operazione che deve svolgere il dentista.

Risolvere la discromia dentale con le faccette

La discromia dentale non è altro che l’alterazione del colore naturale del dente a causa di diversi fattori come l’assunzione di particolari cibi, bevande e farmaci. Nei casi più lievi, la discromia può essere risolta semplicemente con una pulizia dei denti accurata e uno sbiancamento dei denti professionale. Nel caso queste soluzioni non siano sufficienti, si ricorre all’applicazione di faccette dentali in ceramica.

Ho i denti consumati, posso mettere le faccette dentali?

Con l’avanzare dell’età è normale che i denti si consumino, ci sono però una serie di condizioni legate allo stress e alla tensione che portano all’abrasione dentale o all’assunzione di sostanze acide che causano erosione dentale anche in pazienti giovani; ad esempio, il bruxismo è una di queste. Digrignare i denti durante il sonno produce continui sfregamenti che consumano notevolmente lo smalto, favorendo l’abrasione dei denti.

Anche cattive abitudini come mangiarsi le unghie o mordicchiare i tappi delle penne a lungo andare portano allo stesso risultato. In casi come questi, l’uso delle faccette dentali può restaurare la forma originaria del dente.

Le faccette vengono posizionate in modo da non staccarsi a causa dei movimenti masticatori o quelli legati allo stress; in ogni caso è necessario correggere le cattive abitudini che, se portate avanti, con il tempo possono causare la perdita delle faccette.

Denti storti: bastano le faccette dentali?

La risposta dipende dal singolo caso. Il dentista deve valutare e proporre la soluzione migliore per il paziente ma spesso per raddrizzare i denti storti è indispensabile una cura ortodontica (soprattutto per i bambini). A questo punto si può scegliere una soluzione meno invasiva, tipo l’ortodonzia linguale senza attacchi. Poi ci può essere l’applicazione delle faccette che serve a ottimizzare spazi e ridurre piccoli inestetismi.

Ho il diastema, devo mettere per forza l’apparecchio o vanno bene anche le faccette?

Il diastema è il tipico spazio vuoto (“finestrella”) tra due denti che caratterizza il sorriso di alcune persone. Se per alcuni è un segno distintivo che dona dolcezza e simpatia al volto, per molti altri il diastema è un vero e proprio problema estetico da correggere.

Risolvere il diastema è sempre possibile e lo si può fare attraverso diverse soluzioni. In alcuni casi l’applicazione delle faccette dentali è più che sufficiente ad eliminare lo spazio fra i denti. Va detto però che non sempre le faccette dentali rappresentano la soluzione ottimale per questi tipo di problema, in quanto modificano la forma dei denti ingrandendoli allo scopo di riempire lo spazio interdentale.

In casi in cui l’utilizzo delle faccette non è indicato, il diastema si risolve con l’apparecchio linguale fisso senza attacchi, discreto perché invisibile, comodo perché riduce al minimo ferite e alterazioni fonetiche.

Dente scheggiato, capsule o faccette?

Un dente scheggiato ha conseguenze decisamente sgradevoli da un punto di vista estetico e funzionale. Quando un dente si rompe a causa di un trauma e la scheggiatura è leggera, una soluzione può essere quella di ricostruire solo la parte lesionata attraverso l’applicazione di resine composite.

Se il trauma è importante, è necessario valutare in base al caso se è meglio procedere con l’applicazione di una faccetta o di una corona dentale. Solitamente viene preferita sempre la soluzione più conservativa e meno invasiva possibile.

Fa male mettere le faccette?

L’applicazione delle faccette non è dolorosa ma c’è bisogno di più appuntamenti dal dentista per completare il lavoro. Si deve procedere alla preparazione dei denti per l’applicazione, poi si prende l’impronta e infine si cementano le faccette. Come abbiamo già detto è possibile inserire le faccette dentali senza limare il dente, quindi le controindicazioni relative al dolore sono minime.

Colletti scoperti devo operarmi per forza?

Quando la gengiva si ritira a causa della parodontite o perché ci si spazzola i denti in modo sbagliato, lascia il colletto del dente scoperto.

Per risolvere il problema della recessione gengivale e del colletto scoperto, si può operare per via chirurgica, riportando la gengiva all’altezza che aveva prima, o optare per una soluzione meno invasiva e traumatica, come l’applicazione delle faccette dentali. La faccetta applicata sul dente crea un minimo spessore che va a coprire il colletto che era rimasto scoperto.

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Dentista per anziani

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In linea di massima le cure dentali a cui si sottopone un anziano non differiscono da quelle a cui ricorrono i pazienti più giovani. Tuttavia capita che i primi vadano più spesso incontro ad alcuni tipi di problematiche a causa dell’assunzione di alcuni tipi di medicinali, una dieta scarsa di alcuni tipi di nutrienti, problemi cardiaci, diabete o condizioni fisiche generali non ottimali.

 Protesi mobile o fissa?

Le principali patologie del cavo orale riscontrate di frequente in un paziente anziano sono la carie radicolare, che può verificarsi quando la gengiva si ritira esponendo la superficie della radice ad attacchi di agenti patogeni, l’ipersensibilità dentale, la secchezza delle fauci o xerostomia spesso dovuta all’assunzione di alcuni tipi di farmaci, i denti gialli, causati dalla naturale variazione di colore della dentina o dal consumo di sostanze pigmentanti.

Un altro problema abituale nella popolazione anziana è la parodontite, che se diagnosticata nelle sue prime fasi di sviluppo può essere risolta e tenuta sotto controllo anche nella terza età, preservando i denti naturali del paziente.

Nel caso gli elementi dentali siano già caduti o non sia possibile contenere l’evoluzione della malattia anche i pazienti anziani possono sostituirli con protesi mobili o con impianti dentali.

Vediamo in quali casi è indicata l’una o l’altra soluzione.

 

Dentiera o impianto?

I pazienti che hanno perso i propri denti naturali possono decidere di rimpiazzarli con una protesi mobile o fissa. L’obiettivo è sia riabilitare le corrette funzioni masticatorie e fonatorie, sia ridare bellezza al sorriso.

La protesi mobile, usata in casi in cui c’è necessità di sostituire i denti di un’intera arcata, è formata da elementi dentali in resina che poggiano su un supporto, anch’esso in resina. La dentiera non è ancorata a nessun dente, ma viene fatta aderire alle gengive con un meccanismo a ventosa.

Se bisogna sostituire uno o più denti può essere utilizzata una protesi mobile parziale che viene ancorata tramite dei ganci ai denti naturali residui o agli impianti.

La dentiera ha sicuramente i vantaggi di un costo contenuto e di tempi di realizzazione abbastanza brevi. Di contro oltre ai piccoli fastidi come le ferite dovute al movimento o la difficoltà di mangiare serenamente, la dentiera richiede circa una volta all’anno una ribasatura, ovvero la sostituzione della parte rosa della protesi che poggia sulle mucose a causa del riassorbimento osseo.

L’impianto dentale rappresenta una soluzione molto più stabile e confortevole per il paziente. Con l’implantologia i denti vengono sostituiti con radici artificiali in titanio ancorate all’osso. Questo tipo di intervento può essere effettuato anche in condizioni di scarsa quantità d’osso, utilizzando impianti realizzati con leghe in titanio zirconia, più sottili e corti.

Nei casi più gravi si deve intervenire con manovre di rigenerazione ossea.

Se non ci sono controindicazioni, l’impianto dentale rappresenta una soluzione ideale anche per il paziente anziano, che non dovrà più preoccuparsi di tutti quegli aspetti legati alla protesi mobile e potrà vivere normalmente la sua quotidianità.

 

Eventuali controindicazioni all’impianto dentale negli anziani

Molti pensano che più si è in là con gli anni e meno è consigliato l’intervento di implantologia dentale, in realtà l’età non è un fattore che incide sulla possibilità o meno di mettere un impianto. Questo tipo di percorso terapeutico può essere seguito da una persona giovane così come da un paziente anziano.

Sono altre le condizioni che devono essere valutate per una eventuale rinuncia all’impianto dentale, come la presenza di altre patologie che richiedono l’utilizzo di alcuni tipi di farmaci.

Una di queste è l’osteoporosi curata con i bisfosfonati. Chi assume questo tipo di molecole da molto tempo e vuole mettere un impianto dentale può andare incontro a fenomeni di osteonecrosi, necrosi delle ossa mascellari, che difficilmente possono essere tenuti sotto controllo portando a conseguenze molto serie. Questa condizione non vale solo per pazienti anziani, ma per tutti quelli che hanno necessità di prendere questi tipi di farmaci, soprattutto quelli assunti attraverso iniezioni.

Tuttavia è possibile attuare protocolli preventivi per evitare complicazioni.

In ogni caso sarà il dentista a sincerarsi dello stato di salute generale del paziente prima di consigliare l’impianto o la protesi mobile.

 

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Anestesia e Dentista, Come Funziona

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La paura del dentista spesso è legata a tre elementi ben precisi: il rumore del trapano, la vista di tutti gli strumenti odontoiatrici e la sensazione di dolore che si potrebbe provare da lì a qualche minuto.

 Scopri di più sulla chirurgia orale

Per il rumore puoi sempre mettere le cuffiette auricolari per ascoltare un po’ di musica, per la vista puoi chiudere gli occhi ed immaginare di essere in un luogo più piacevole mentre, per quanto riguarda il dolore, rilassati perché per fortuna esistono diverse tecniche di anestesia locale o sedazione cosciente.

Sono pochissime ormai le persone che possono riferire di aver avuto esperienze dolorose per mano del dentista. L’utilizzo abituale di tecniche anestetiche, infatti, permette di effettuare interventi anche lunghi e complessi senza che il paziente provi dolore.

Può darsi che l’anestesia sia diventata la principale cura per l’odontofobia?

 

Anestesia locale in odontoiatria

I tempi dei colpi in testa e dei gas esilaranti fortunatamente sono finiti da un bel pezzo. Oggi, per i trattamenti ai denti o per qualsiasi altro tipo di intervento vengono impiegati farmaci che a livello generale o locale bloccano il dolore e proteggono l’organismo dall’aggressione chirurgica.

Generalmente, negli studi dentistici vengono effettuate anestesie locali con le quali si addormenta solo la specifica zona del corpo da sottoporre a trattamento mantenendo il paziente in stato cosciente.

In questi casi, il farmaco anestetico è iniettato direttamente vicino ai nervi che portano la sensibilità alla regione interessata dall’intervento, in modo tale da bloccare il dolore e non farlo arrivare al cervello.

La scelta dell’anestetico locale per uso odontoiatrico è fatta principalmente in base a quattro criteri: durata e complessità dell’intervento, bisogno di emostasi, necessità del controllo post chirurgico del dolore, controindicazioni a specifici farmaci, ad esempio allergie.

 

Tecniche di anestesia locale

Ci sono diverse tecniche che è possibile adottare per un’anestesia locale: alcune di superficie (o per contatto) che prevedono l’applicazione di sostanze sulla parte da trattare mentre altre per infiltrazione  si basano sull’iniezione del farmaco.

Quali sono queste tecniche anestetiche?

  • Perfrigerazione: consiste nel raffreddare la zona in cui si deve intervenire con un getto di cloruro di etile. Questa tecnica, di facile esecuzione, viene utilizzata per interventi di breve durata sui tessuti molli come l’estrazione dei denti decidui o l’incisione di un ascesso.
  • Anestesia topica: prevede l’applicazione sulla mucosa di un anestetico, generalmente in gel o spray. È utilizzata per interventi di brevissima durata o nelle sedute di igiene orale.
  • Anestesia locale plessica: consiste nell’iniettare il farmaco anestetico sotto la mucosa orale in prossimità dell’apice del dente. È utilizzata per gli interventi di breve-media durata.
  • Anestesia locale tronculare:  è effettuata direttamente nel tronco nervoso mandibolare interrompendo la trasmissione del dolore su tutti i denti e tessuti molli presenti sul lato della mandibola dove è stato iniettato l’anestetico.

Nel caso le tecniche anestetiche classiche non raggiungono il risultato sperato, è possibile ricorrere ad altri tipi di anestesia come l’anestesia intraligamentosa o l’intraossea.

La prima si effettua iniettando l’anestetico locale direttamente nel legamento parodontale grazie all’utilizzo di aghi molto corti. Con questo tipo di anestesia viene addormentato rapidamente solo il dente selezionato per lungo tempo. Ha, però, lo svantaggio di lasciare qualche fastidio anche dopo la fine dell’effetto anestetico.

Con l’anestesia intraossea, invece, i denti vengono anestetizzati iniettando l’anestetico locale direttamente all’interno dell’osso spugnoso o midollare intorno al dente interessato con un effetto quasi immediato.

 

Quanto dura anestesia locale

L’effetto dell’anestesia locale ha una durata variabile che dipende dal tipo di farmaco usato, dalla quantità che è stata adoperata e dalla velocità con cui l’anestetico viene metabolizzato dall’organismo del paziente. In generale l’anestesia ha una durata di circa un paio d’ore, tuttavia alcuni anestesisti hanno sviluppato tecniche particolari con cui riescono ad anestetizzare il paziente solo per il tempo necessario all’esecuzione del trattamento.

 

Anestesia totale

In alcuni casi e per interventi più complessi, come la chirurgia maxillo-facciale, viene preferita l’anestesia totale, che indotta tramite farmaci per via endovenosa o respiratoria, provoca uno stato di perdita di coscienza interessato da assenza di dolore e rilassamento muscolare. A stabilire il dosaggio del farmaco in base all’età, al peso e alla condizione clinica del paziente è sempre un medico specializzato, cioè l’anestesista.

L’anestesia generale viene effettuata solo in casi specifici in quando richiede la presenza di un medico anestesista e di specifiche apparecchiature per il continuo monitoraggio delle funzioni vitali del paziente.

Mentre fino a qualche tempo fa si ricorreva a professionisti esterni, oggi sono molti gli studi dentistici che hanno all’interno del loro staff la presenza dell’anestesista.

 

Rischi ed effetti collaterali dell’anestesia

L’anestesia, locale o totale che sia, presenta dei margini di rischio, in alcuni casi anche importanti.

Nel caso dell’anestesia locale potrebbe presentarsi una reazione allergica all’anestetico utilizzato, non a caso prima di procedere ogni paziente deve sostenere un colloquio con l’anestesista per fornirgli tutte le informazioni necessarie relative a intolleranze, allergie o particolari condizioni di salute.

Dopo un’anestesia generale invece, il paziente potrebbe accusare un senso di nausea e vomito, freddo o mal di gola a causa dell’intubazione o dolori articolari.

Per quanto riguarda l’anestesia totale, il rischio più temuto è quello di morte che si aggira intorno allo 0,3%. In ogni caso l’anestesista presente nello studio odontoiatrico, anche solo per effettuare un’anestesia locale, è tenuto a portare con sé un kit di rianimazione per essere pronto a intervenire nel malaugurato caso in cui presenti un arresto cardiaco.

 

Allergia all’anestesia locale

Spesso si tende a credere che possano verificarsi casi di allergia solo per quanto riguarda farmaci utilizzati durante l’anestesia generale. In realtà, anche se in percentuali molto ridotte, si può essere allergici all’anestesia locale fatta negli studi dentistici. Le reazioni allergiche possono evidenziarsi con eruzioni cutanee pruriginose, nausea, dolori addominali e difficoltà respiratorie. Nel caso in cui già altri membri del proprio gruppo familiare abbiano avuto reazioni allergiche ai farmaci anestetici locali, prima della seduta dal dentista è opportuno sottoporsi a test allergici.

 

Sedazione cosciente

La sedazione cosciente è una tecnica anestetica tra le più utilizzate, in quanto il paziente è completamente insensibile al dolore ma allo stesso tempo può collaborare serenamente con il dentista durante tutto il trattamento. Mantenendo invariati i parametri vitali, come ad esempio la respirazione, il paziente è in grado di rispondere a domande, eseguire ordini semplici come aprire o chiudere la bocca ed effettuare operazioni di risciacquo della bocca.

La sedazione cosciente viene ottenuta tramite inalazione di un gas anestetico, il protossido di azoto, e ossigeno oppure con la somministrazione endovenosa di benzodiazepine.

La sedazione cosciente richiede la presenza dell’anestesista in studio.

I pazienti che hanno paura delle punture, potranno (presto) beneficiare di un approccio alla sedazione cosciente basato su di un nuovo studio brasiliano che ha sperimentato un modo di far penetrare i medicinali in circolo o sotto pelle con l’utilizzo di una piccola scossa (corrente elettrica).

 

Ipnosi sedativa in odontoiatria

In alternativa alla sedazione cosciente e all’anestesia totale, secondi alcuni si può ricorrere all’ipnosi sedativa, soprattutto nei casi in cui il paziente soffra di forti sensazioni d’ansia legate alle figura e alla poltrona del dentista, nei casi in cui le persone non possono essere anestetizzate a causa di allergie o per fobie legate all’ago e alle punture.

Le tecniche ipnotiche sono risultate efficaci in diversi casi: lo stato di autocontrollo emotivo elimina l’agitazione e di conseguenza riduce anche il dolore, in quanto il paziente sotto ipnosi è profondamente rilassato ma allo stesso tempo altamente collaborativo.

 

Anestesia per i pazienti poco collaborativi

Per pazienti poco collaborativi si intendono tutte quelle persone che per condizioni cliniche particolari non sono in grado di assecondare le richieste del dentista durante una terapia. Per questo tipo pazienti spesso è necessario ricorrere all’anestesia.

Per persone affette da determinate patologie come sindrome di down, autismo, malattie muscolari o paralisi cerebrali, anche semplicemente rimanere fermi sulla poltrona oppure aprire e chiudere la bocca può essere difficoltoso.

Nei casi più gravi la semplice anestesia locale può non essere sufficiente, quindi per evitare complicazioni e fornire le cure necessarie si procede con l’uso di farmaci anestetici. In ogni caso si cerca in tutti i modi di evitare l’anestesia totale ricorrendo alla sedazione cosciente.

 

Anestesia in gravidanza e allattamento

La gravidanza è un periodo particolare per la donna, in cui dubbi e ansie si fanno sentire più forti che mai specialmente nei casi in cui è necessario sottoporsi a cure odontoiatriche o in qualsiasi ambito medico.

Le più grandi paure riguardano proprio l’anestesia, probabilmente perché moltissimi farmaci sono vietati durante la gravidanza. In linea di massima non ci sono controindicazioni all’anestesia locale odontoiatrica durante la gravidanza o l’allattamento e se questa viene praticata con le dovute accortezze non ci saranno rischi per la futura mamma e per il bambino.

L’ideale comunque è cercare di sottoporsi ad interventi odontoiatrici che prevedono l’anestesia locale tra il terzo e il sesto mese di gravidanza.

Comunque prima di sottoporsi a qualsiasi trattamento sarà importante parlare con il proprio ginecologo per assicurarsi dell’assenza di controindicazioni a questo tipo di farmaci.

Sottoporsi alle cure odontoiatriche in gravidanza è molto importante, ma spesso si tende a trascurare il proprio stato di salute orale rimandando la visita dal dentista a data da destinarsi. In realtà è proprio durante la gestazione che le donne possono andare incontro a patologie anche gravi, come gengiviti e parodontite.

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Come scegliere un dentista per l’ortodonzia linguale senza attacchi

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Sei alla ricerca di un dentista che sappia risolvere in modo corretto la tua malocclusione mediante una terapia linguale senza attacchi? Bene, leggi attentamente quanto segue.

Il primo fattore discriminante tra chi è davvero bravo e chi no è l’archivio fotografico dei casi clinici in cura o trattati in passato.

Quali foto richiedere?

Chiedete pertanto di farvi mostrare casi simili al vostro, attraverso delle foto prima, durante, dopo e ovviamente quelle dell’apparecchiatura utilizzata per i casi clinici in questione. La mancanza di foto in un qualsiasi step di questo percorso (prima-durante-dopo) nonché di foto che dimostrano quale apparecchiatura è stata utilizzata nel caso in questione ci devono far capire che c’è qualcosa che non va. Se mancano ad esempio le foto dell’apparecchio potrebbe trattarsi di un risultato terapeutico ottenuto con attacchi o brackets, se mancano le foto finali è molto probabile che il caso non sia mai stato concluso.

 Scopri di più sull’ortodonzia linguale senza attacchi

Diffidate di chi vi fa vedere solo dei disegni o dei video virtuali e non foto cliniche. Tutto il materiale che non è clinico potrebbe essere solo frutto di un progetto virtuale mai ottenuto nella realtà.

Chiedete allo specialista di mostrarvi anche foto di casi clinici diversi dal vostro. Chi è davvero esperto di ortodonzia linguale senza attacchi avrà sicuramente risolto con questa metodica malocclusioni complesse come quelle estrattive, le seconde classi, le terze classi, i morsi aperti o profondi (open e deep bite), il recupero dei denti inclusi e le agenesie dentarie. Chiedete di mostrarvi queste terapie e non dimenticatevi di chiedere le foto dell’apparecchiatura.

 

Quali malocclusioni si possono risolvere?

Terzo fattore da considerare è la confidenza che il dentista ha con la terapia linguale senza attacchi. Chi è davvero bravo vi dirà che si possono risolvere tutte le malocclusioni con stessi risultati e tempistica delle tradizionali terapie con attacchi. E ancora una volta lo farà dimostrandolo, mostrandovi il percorso clinico e fotografico di casi clinici già trattati.

 

Quali rischi si corrono se la terapia è eseguita da personale inesperto?

Il principale rischio è rappresentato da un prolungamento dei tempi della terapia oltre che da un risultato funzionalmente ed esteticamente non valido. A seguire vi sono i frequenti distacchi delle apparecchiature con possibili fastidi sia alla lingua che alla fonetica (proprio quei fastidi che chi sceglie questa terapia non vuole).

Attivazioni scorrette possono creare danni ai denti (tipo riassorbimenti radicolari) ed ai loro tessuti di supporto e questi insieme alla possibilità di danneggiare lo smalto dei denti (gestendo in modo scorretto l’adesione od il distacco dei fili) rappresentano i rischi più gravi in mani in esperte.

Pertanto il consiglio è quello di informarsi bene per evitare di imbattersi in due principali rischi. Il primo è ottenere un risultato esteticamente e funzionalmente non valido. Il secondo rischio è la possibilità di danneggiare i denti con l’uso improprio delle frese ( così come può accadere durante la rimozione delle classiche apparecchiature con attacchi e sempre per mancanza di esperienza).

 

Cosa fare per avere informazioni sull’operatore?

Il primo passo molto semplice è consultare on line il curriculum dello specialista in ortodonzia per cercare riconoscimenti, pubblicazioni, relazioni a congressi, Master e corsi rilevanti rispetto al settore dell’ortodonzia ed in particolar modo dell’ortodonzia invisibile linguale fissa senza attacchi.

Di seguito un elenco delle principali malocclusioni da richiedere:

morso aperto: situazione in cui i denti non contattano tra loro

morso aperto

morso profondo: i denti si sovrappongono più del dovuto e nei casi più gravi gli incisivi inferiori masticano la mucosa palatale.

morso profondo

terza classe: alterato rapporto antero posteriore delle arcate dentarie con un posizione più avanzata di quella inferiore

terza classe

denti inclusi: è possibile attaccare all’apparecchio dei denti finti in resina nell’attesa del recupero del dente incluso, in modo da mascherare lo spazio vuoto creato dalla rimozione del dente da latte

canino incluso, dente incluso dente incluso, recupero dente incluso

seconda classe: alterato rapporto antero posteriore delle arcate dentarie con un posizione più avanzata di quella superiore

seconda classe

estrazioni dentarie: quando per la risoluzione delle malocclusioni è necessario estrarre dei denti gli spazi estrattivi vengono mascherati dal posizionamento di finti denti in resina, fissati all’apparecchio linguale, finché tali spazi non verranno occupati dallo spostamento dei denti adiacenti e si chiuderanno del tutto.

estrazioni dentarieestrazioni dentarie

Agenesie dentarie: l’apparecchio ortodontico è utile a recuperare lo spazio necessario ad inserire il dente che non si è formato ed anche per fissare un dente finto in resina in modo da mascherare lo spazio creato prima dell’inserimento del dente definitivo.

agenesia dentaria, agenesia  

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Come è Fatto un Dente

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Tutti conoscono l’importanza di avere denti belli e sani, sia per la loro azione masticatoria sia per la loro funzione estetica. Ma non tutti sanno come è fatto un dente e le domande che nascono intorno a questo tema sono interessanti. Ad esempio, spesso i nostri pazienti ci domandano: il dente è un osso? Molta attenzione c’è anche intorno alla composizione di questo elemento: quali sono le parti principali del dente? Cerchiamo di rispondere a queste domande.

Come è fatto un dente: anatomia e morfologia

I denti sono organi presenti nel cavo orale di diverse specie animali, tra queste l’uomo, che hanno un compito principale: masticare e preparare gli alimenti per la digestione, anche se possono essere utilizzati anche per funzioni fonetiche oltre a definire dei canoni estetici.

Nell’uomo si sviluppano due ordini di denti: quelli da latte (temporanei, caduchi o decidui) e quelli permanenti. Anche i denti da latte hanno una radice. Facciamo questa precisazione perché quando i denti decidui cadono sembrano dei monconi, questo perché per poter cadere e lasciare il posto ai corrispettivi permanenti la loro radice  si consuma.

Esiste una struttura e una morfologia di questi elementi? Ogni dente può essere suddiviso in tre parti, una porzione superiore visibile detta corona, una completamente impiantata all’interno dell’alveolo dentario definita radice e una parte intermedia di connessione tra le due, molto sottile, detta colletto.

Le forme che acquistano i vari denti sono frutto della necessità di tagliare e masticare il cibo: mentre i molari e i premolari servono a triturare gli alimenti e a preparare il bolo (impasto di cibo masticato) gli incisivi e i canini tagliano e staccano.

Un discorso a parte lo meritano i denti del giudizio. In epoca preistorica, prima della scoperta del fuoco, l’homo sapiens aveva una mascella molto più grande e masticava correttamente anche con i denti del giudizio. Con la scoperta del fuoco e quindi con la possibilità di cucinare i cibi, l’uomo nei secoli ha sempre meno utilizzato la bocca per masticare. L’evoluzione ha portato ad una riduzione delle dimensioni delle mascelle ma il numero dei denti è rimasto lo stesso. Di conseguenza, oggi i denti del giudizio – la maggior parte delle volte – non hanno lo spazio necessario per erompere in modo corretto in arcata. E la masticazione reale si ha fino ai settimi anche se gli ottavi sono posizionati in modo corretto. Essendo denti inutili, in caso di problemi anche semplici come processi cariosi o se c’è il rischio di far cariare i denti adiacenti se ne consiglia l’estrazione.

Da cosa sono formati i denti

Altra domanda tipica relativa alla natura di questi organi: di cosa sono fatti i denti? Ossa? Avorio? Le credenze sono tante, analizziamo l’anatomia con attenzione.

come è fatto un dente

come è fatto un dente

La parte più esterna della corona di un dente è costituita dallo smalto, un tessuto epiteliale molto duro e resistente che oltre a sopportare la masticazione ha il compito di proteggere la dentina sottostante da aggressioni esterne. Nello smalto non sono presenti nervi, per questo motivo la carie in fase iniziale è asintomatica e l’unico modo per diagnosticarla è attraverso una visita di controllo dal dentista.

Il secondo strato del dente è la dentina di colore giallognolo. La dentina è attraversata da piccoli canali detti tubuli in cui alloggiano particolari cellule, dette odontoblasti, responsabili della sensibilità dentale.

Il cemento è uno strato molto sottile e riveste la dentina su tutta la superficie della radice.

All’interno del dente in una piccola cavità c’è la polpa dentale, un tessuto connettivale con la funzione di fornire nutrimento e ossigeno alle cellule presenti nella dentina. Al suo interno si trovano fibre nervose e vasi sanguigni. Fornisce sensibilità al dente e mantiene la dentina elastica.

La gengiva protegge l’osso dal contatto tadalafilonlinepharmacyone con l’ambiente orale. Aderendo all’osso forma una barriera che impedisce il passaggio dei batteri.

Il dente è ancorato all’osso tramite il legamento parodontale costituito da fibre elastiche che da un lato si inseriscono nel cemento e dall’altro lato nell’osso.

Quali e quanti denti abbiamo in bocca?

I denti da latte sono in tutto 20 distribuiti nelle due arcate, una inferiore e una superiore: 8 incisivi (4 sopra e quattro sotto), 4 canini (due sopra e due sotto) e 8 molari (4 sopra e 4 sotto). Questo per quanto riguarda i decidui, ma quanti denti ha un adulto? Nella dentatura permanente i denti sono in totale 32 compresi quelli del giudizio: 8 incisivi, 4 canini, 8 premolari e 12 molari.

Quali malattie colpiscono i denti?

Ovviamente quando ci chiedono come è fatto un dente l’attenzione cade anche sulle sue patologie.  Gran parte delle domande rivolte all’argomento riguardano le malattie da evitare o curare. I denti possono soffrire di diverse patologie dovute a più fattori. Le più comuni sono la carie, la gengivite e la parodontite. La più diffusa tra adulti e bambini è sicuramente la prima.

Carie

La carie è un processo distruttivo del dente e si forma a causa dell’azione di alcuni batteri presenti nella bocca, di solito innocui ma che in condizione specifiche possono provocare gravi danni al cavo orale.

In caso di scarsa igiene orale, eccessivo consumo di zuccheri e scarsa salivazione, questi batteri possono accumularsi sui denti e col tempo cariarli. Nello stato iniziale la carie è asintomatica in quanto sullo smalto non sono presenti nervi, quando però il processo carioso arriva alla dentina il dente comincia ad essere particolarmente sensibile alle variazioni di temperatura. Se sottovalutato questo sintomo la carie può giungere fino alla polpa provocando forte dolore.

La carie può essere facilmente curata dal dentista attraverso l’otturazione e nei casi più gravi con la devitalizzazione del dente.

Gengivite

La gengivite è l’infiammazione della gengiva dovuta alla scarsa igiene orale e di conseguenza alla presenza prolungata dei batteri nella bocca. Le gengive infiammate sono rosse, gonfie e sanguinano frequentemente. Pulendo bene i denti dopo ogni pasto è possibile risolvere facilmente il problema delle gengive infiammate. È comunque opportuno rivolgersi al proprio studio dentistico per effettuare una pulizia dei denti professionale.

Parodontite (piorrea)

La parodontite è una patologia infiammatoria e degenerativa che coinvolge i tessuti circostanti i denti e che se non curata porta alla caduta di questi ultimi.

La piorrea, termine con il quale nel gergo comune si identifica la parodontite, è in realtà uno dei sintomi di quest’ultima, che si verifica in uno stadio abbastanza avanzato della malattia. E’ causata dai batteri presenti nel cavo orale, che a causa di una igiene carente si moltiplicano indisturbati provocando danni. Le tossine prodotte dai germi infatti causano un’infiammazione gengivale che se non curata può arrivare all’apparato parodontale distruggendo le fibre e l’osso alveolare con conseguente formazione di tasche parodontali, mobilità dentale e caduta di uno o più denti.

Se diagnosticato in tempo questo processo è reversibile, nei casi in cui la patologia è già a uno stato avanzato sono necessari interventi più complessi come la terapia rigenerativa dell’osso. Tuttavia anche nei casi più gravi è possibile attraverso specifici trattamenti controllare e impedire la sua progressione nel tempo.

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Come riconoscere un bravo dentista

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Quando ci si deve sottoporre a un trattamento ortodontico, che sia di natura estetica o per migliorare la funzionalità della bocca, si cerca sempre di affidarsi alle cure di uno dei migliori dentisti in circolazione. Soprattutto si spera di ritrovarsi davanti un professionista che sappia esprimersi sulla reale necessità della terapia e se il caso, rifiutarsi di assecondare le richieste del paziente, dirigendolo verso un percorso più idoneo per lo specifico caso.

 

Come si fa a riconoscere un bravo dentista?

Per i pazienti, non essendo esperti in materia, non è di certo facile valutare a monte le competenze del dentista a cui si rivolgono, tuttavia per capire meglio chi hai di fronte puoi seguire questi suggerimenti.

 

Il daughter test

Nell’ambito dell’odontoiatria estetica, in cui i pazienti tendono a fare le richieste più varie, un professionista serio, dopo aver fatto le valutazioni del caso, prima di procedere deve rispondere a una semplice domanda: “suggerirei a mia figlia questo trattamento?”.

Questa pratica è nota nell’ambito con il nome di daughter test e serve al dentista per valutare l’effettiva necessità di quella terapia per quello specifico caso dopo aver considerato gli effetti a lungo e breve termine sulla salute orale del paziente.

Il daughter test è doveroso soprattutto quando c’è da intervenire con approcci invasivi per l’estetica dentale, come ad esempio nei casi di protesi dentali. Spesso i dentisti propongono terapie estremamente invasive per risolvere problematiche estetiche che spesso il paziente nemmeno percepisce come tali. Frequentemente vediamo dei casi bellissimi e perfettamente realizzati, ma che sono un evidente overtreatment. La prova sta nel fatto che nessun dentista lo proporrebbe a sé stesso o alla propria figlia. 

Non tutti i pazienti sanno che esistono due tipi di approcci protesici, quello additivo e quello sottrattivo. Nel primo caso utilizzando materiali molto sottili, il dente non ha bisogno di essere preparato e rimane dunque intatto, quindi in caso in cui il paziente non sia soddisfatto del risultato, la protesi viene tolta e il dente ritorna come prima. Il secondo invece è un approccio più invasivo in quanto richiede la limatura del dente. Togliendo la protesi il paziente si ritrova con un moncone al posto dell’elemento dentale, detto in altri termini non c’è possibilità di ritornare indietro. È proprio in casi come questi che il dentista dovrebbe farsi la famosa domanda.

 

Come valutare un bravo dentista

Il daughter test è ovviamente a discrezione del professionista, infatti il paziente non può verificare la veridicità della risposta.

Vediamo adesso quali sono gli elementi che puoi analizzare e che possono aiutarti a capire se sei davanti a un professionista di cui potresti fidarti.

 

Titoli e pubblicazioni

Se devi sottoporti a un trattamento specifico, come una terapia per la parodontite o un intervento di implantologia dentale, e non uno di base come la cura di una carie, devi affidarti a uno specialista di quell’ambito. Bisogna impiegare un po’ di tempo ad informarsi sul curriculum del dentista e cercare titoli, pubblicazioni, un eventuale libro da lui scritto e riconoscimenti provenienti dalla comunità scientifica che possano attestare il livello di specializzazione del professionista.

Puoi provare a cercare queste informazioni sia sul sito web dello studio sia su Pubmed, il contenitore scientifico più accreditato a livello globale.

 

L’igiene

Il rispetto scrupoloso delle procedure d’igiene è fondamentale all’interno di uno studio dentistico per ridurre al minimo il rischio di infezioni crociate e contaminazioni. La prima cosa a cui puoi prestare attenzione è la pulizia degli ambienti, inoltre ci sono altri piccoli, ma importanti particolari che evidenziano il rispetto delle norme igieniche come:

 

  • la predisposizione degli strumenti su un apposito vassoio
  • l’apertura degli strumenti sterilizzati davanti al paziente
  • laddove possibile l’utilizzo di materiali monouso che devono essere poi depositati in appositi contenitori
  • la presenza di pellicole protettive sulle apparecchiature e sulla poltrona

 

Durante le cure odontoiatriche il rischio di infezioni da paziente a paziente o da medico a paziente è molto alto, solo un’attenta pulizia può impedire tale pericolo.

 

Le attrezzature

Alcune attrezzature sono fondamentali per una precisa diagnosi e per un’accurata terapia. La presenza di tali strumentazioni può essere sinonimo dell’attenzione e della meticolosità che il dentista mette nel suo lavoro.

Uno di questi strumenti è il microscopio ottico che consente maggiore precisione nell’approccio terapeutico e di conseguenza più alte probabilità di successo della terapia.

Un’attrezzatura meno impegnativa ma assolutamente obbligatoria in tutte le ricostruzioni, otturazioni, e devitalizzazioni è la diga di gomma. Questa serve ad evitare di contaminare la cavità del dente da otturare o dei canali da devitalizzare con il respiro del paziente che veicola numerosissimi batteri.

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Apparecchio Mobile, quando e perché metterlo

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L’apparecchio mobile è un dispositivo ortodontico che può essere messo e tolto dal paziente in modo autonomo. Generalmente viene usato in età infantile per realizzare terapie ortodontiche ortopediche, cioè mirate a modificare in maniera programmata la crescita delle ossa mascellari e mandibolari.

Nella maggior parte dei casi l’utilizzo dell’apparecchio rimovibile su denti decidui non elimina la necessità di una successiva terapia ortodontica con apparecchio fisso, tuttavia può ridurne la durata e aiutare a ottenere un migliore risultato estetico e funzionale.

Ci sono tre diversi tipi di apparecchi rimovibili, ognuno con una caratterizzazione specifica:

  • meccanico, sfrutta una forza esercitata da viti, molle e archi per riallineare i denti storti
  • funzionale, agisce sia sullo spostamento dei denti che sullo sviluppo delle ossa mascellari riuscendo a correggere le malocclusioni della bocca durante l’età dello sviluppo
  • contenzione, serve per mantenere i denti nella posizione raggiunta alla fine di un trattamento ortodontico

 

Come è fatto un apparecchio mobile

L’apparecchio rimovibile si realizza in laboratorio sulla base delle impronte dentali del paziente. È formato da una parte in resina acrilica e da elementi in filo metallico, importanti sia per la sua stabilità nel cavo orale sia per dirigere lo spostamento dei denti.

 

Come si usa

L’apparecchio mobile può essere tolto autonomamente dal paziente durante i pasti e per le operazioni di pulizia ordinarie, tuttavia per ottenere i risultati sperati è necessario indossarlo dalle 14 alle 18 ore al giorno.

All’inizio il paziente può portarlo per brevi lassi di tempo in modo da abituarsi alla sua presenza. In questa prima fase è possibile che si presentino alcuni fastidi, come irritazioni alle gengive e alle labbra o aumento della salivazione, in ogni caso tutti questi disturbi tendono a sparire nel giro di poco tempo.

 

Durata del trattamento con apparecchio mobile

Come ogni trattamento ortodontico non è possibile definire una durata della terapia valida per tutti i pazienti, ma ogni caso presenta le sue specificità e le sue criticità. In linea generale una terapia con apparecchio mobile può durare mediamente 2 anni, ma tutto dipende dal problema da correggere e dalla cura con cui il paziente segue le indicazioni del dentista.

 

Pulizia dell’apparecchio mobile

Per mantenere la bocca in salute durante la terapia ortodontica è indispensabile, oltre ad una corretta igiene orale, impegnarsi a pulire in modo adeguato il dispositivo stesso.

Anche l’apparecchio rimovibile, infatti tende ad accumulare placca e batteri e per tenerlo pulito è necessario toglierlo e spazzolarlo in ogni sua parte più volte al giorno. Inoltre una volta alla settimana deve essere immerso in una soluzione fatta con acqua a temperatura ambiente e una pasticca effervescente specifica per la pulizia degli apparecchi mobili.

 

Svantaggio dell’apparecchio rimovibile

Nonostante gli apparecchi mobili consentano di intervenire già in età infantile, non presentano l’efficienza dell’apparecchio fisso nella correzioni di malocclusioni e denti storti. A causa di ciò, per ottenere il risultato ottimale è spesso indispensabile proseguire la terapia con quello fisso. Tuttavia, come dicevamo, l’utilizzo preventivo dell’apparecchio rimovibile può ridurre notevolmente la durata del trattamento ortodontico con l’apparecchio fisso e realizzare delle correzioni scheletriche di enorme importanza sia estetica che funzionale che al termine dello sviluppo scheletrico non sono più ottenibili.

 

Apparecchio mobile per adulti

Fino ad ora abbiamo detto che gli apparecchi mobili vengono usati principalmente in età infantile, ma esistono tipi di apparecchi mobili per la correzione di lievi disallineamenti dentali molto apprezzati in età adulta, cioè le mascherine trasparenti.

Questa tipologia di apparecchio rimovibile ha senza dubbio un migliore impatto estetico rispetto a quello tradizionale, tuttavia non può essere considerato totalmente invisibile in quanto crea un effetto ottico simile ad una pellicola trasparente sui denti.

Le mascherine trasparenti vengono realizzate su misura del paziente ed esercitano una pressione sui denti che li sposta verso la posizione desiderata.

Non è sempre possibile sostituire l’apparecchio fisso con quello trasparente in quanto la sua efficacia risulta notevolmente compromessa in casi di gravi disallineamenti e malocclusioni più complesse, in ogni caso un paziente adulto non deve rinunciare alla discrezione di un apparecchio invisibile.

Nei casi in cui non è possibile l’utilizzo delle mascherine trasparenti è possibile ricorrere all’ortodonzia linguale senza attacchi.

L’apparecchio linguale è totalmente invisibile dall’esterno, inoltre riduce al minimo le alterazioni fonetiche o le piccole lesioni sulla lingua perché non prevede l’utilizzo dei brackets linguali.

Scopri di più sull’apparecchio linguale senza attacchi

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Quanto costa curare una carie

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Almeno una volta nella vita a tutti è capitato di andare dal dentista per curare una carie.

Uno dei principali indiziati nella formazione della carie è la poca igiene orale, infatti il processo carioso, che distrugge i tessuti duri del dente, inizia proprio per l’azione di alcuni batteri presenti nel cavo orale che trovano nella placca e nel tartaro l’habitat perfetto per moltiplicarsi.

Questi batteri infatti si cibano di carboidrati rilasciando dell’acido che corrode lo smalto dei denti che con il tempo diventa più poroso permettendo alla carie, se non fermata, di procedere in profondità prima verso la dentina e dopo verso la polpa dentale.

Quindi alla fine la carie altro non è che una corrosione acida del dente che si ha a causa dei prodotti di secrezione del batterio streptococco mutans che  si trova aderente al dente sotto forma di placca o tartaro (questo batterio mangia zuccheri secernendo poi acidi).

 Se hai una carie, perché aspettare?

Nella sua prima fase, cioè quando si trova ancora al livello dello smalto, la carie è asintomatica e si presenta come una macchiolina più scura sulla superficie del dente.

Si può evidenziare clinicamente mediante l’uso di uno specillo se si trova sulla superficie occlusale del dente o mediante radiografia endorale se si sviluppa tra dente e dente. In radiografia si evidenzia con una macchia scura quando la carie ha distrutto almeno un quarto della massa dentaria.

Man mano che progredisce e arriva alla polpa del dente, provoca un forte dolore ai denti, che visivamente presentano una specie di “buco” scuro contenente materiale rammollito. Bisogna ricordare che la carie ha la forma di una piramide e quello che vediamo è solo la punta della piramide. Per cui anche  un semplice forellino sulla superficie occlusale del dente può nascondere carie molto estese.

Quando la carie raggiunge la polpa e causa dolore spontaneo il dente deve essere devitalizzato.

 

Costo cura della carie?

Il costo del trattamento della carie dentale è variabile e ad incidere sul prezzo finale è lo stato di evoluzione della malattia. Ad esempio la devitalizzazione è un procedimento molto più dispendioso di una semplice otturazione.

Anche il numero dei denti interessati dal processo carioso può far lievitare il prezzo finale, può capitare infatti che alcuni pazienti abbiano più di un elemento dentale cariato, casomai anche a diversi stati di evoluzione.

Volendo dare comunque un’idea di prezzo, nel nostro studio il costo di un otturazione semplice si aggira intorno agli 80 euro fino ad arrivare a 250 euro per i casi più complessi. La complessità di un otturazione varia a seconda di quante pareti del dente sono coinvolte nel processo carioso. Abbiamo quindi cavità semplici di prima classe che vedono coinvolta la sola superficie occlusale, cavità di seconda classe che vedono coinvolta anche una superficie interdentale, cavità mesio occluso distali (MOD) che vedono coinvolte almeno tre superfici del dente, cavità di 5 classe che coinvolgono il colletto dei denti, in questi casi è più complesso mettere la diga di gomma, cavità di 3 e 4 classe che riguardano i denti incisivi e canini in zona estetica.

 

Quanto costa curare una carie?

Il costo di una carie e i fattori che lo determinano
Tipo di carie/cavitàCosto ricostruzione
Carie che coinvolgono la sola superficie occlusale (carie I classe)80 - 120€
Carie che coinvolgono una delle superfici interdentali (carie II classe)100 - 200€
Carie che coinvolgono entrambe le superfici interdentali e la superficie occlusale (Cavità MOD)150 - 300€
Carie in zona estetica che coinvolgono una superficie interdentale (cavità classe III)120 - 200€
Carie in zona estetica che coinvolgono anche la superficie incisale del dente (cavità classe IV)150 - 300€
Carie del colletto dei denti (cavità V classe)100 - 150€

 

Come si cura la carie

Come dicevamo, il trattamento della carie varia in base allo stato in cui si trova la patologia.

Nei casi più semplici dopo che il dentista ha pulito il dente eliminando la dentina infetta viene fatta un’otturazione, cioè la cavità che si è formata viene riempita con materiale composito.

Se la carie è arrivata a livello della polpa è necessario devitalizzare il dente e in alcuni casi proteggerlo con una corona dentale.

In entrambi i casi è obbligatorio utilizzare la diga di gomma, un foglio di gomma che isola il dente ed evita contaminazione con fluidi salivari e soprattutto con il respiro del paziente.

 

La carie si può prevenire?

La carie si può prevenire con il fluoro in un procedimento che può iniziare dalla prima infanzia, o ancora prima.

L’assunzione di fluoro durante la gravidanza da parte della mamma e dopo la nascita da parte del bambino fino all’età di sette anni, può determinare una mineralizzazione tale da rendere i denti difficilmente attaccabili dal batterio responsabile della carie.

Se si decide di intraprendere questa strada è importante evitare i metodi fai da te e rivolgersi sempre al proprio dentista, perché un dosaggio eccessivo nell’assunzione di fluoro può provocare macchie sui denti che difficilmente si riescono a eliminare.

Chi non ha preso il fluoro è condannato ad avere la carie?
Assolutamente no, la carie infatti si previene anche con una corretta igiene orale domiciliare, la pulizia dei denti professionale e la sana alimentazione. Le regole sono sempre le stesse, lavare i denti in modo accurato dopo ogni pasto, utilizzare il filo interdentale, utilizzare l’idropulsore, non saltare le visite di controllo dal dentista e sottoporsi periodicamente a sedute di igiene professionale.

 

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Parodontopatia e apparecchio ortodontico

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Come è noto ai più, la parodontopatia è una patologia infiammatoria e degenerativa dovuta alla presenza di tartaro sottogengivale che interessa i tessuti di sostegno del dente. Se non curata porta alla distruzione dei tessuti che sostengono il dente e quindi alla perdita degli elementi dentari coinvolti. Ad essere compromessa è la stabilità del dente, di conseguenza chi ha una parodontite attiva e necessita anche di terapia ortodontica, deve fare i conti con molti dubbi e perplessità.

Soffri di parodontite?

Cerchiamo di capire se è possibile mettere l’apparecchio anche quando è presente una parodontopatia.

 

Si può mettere l’apparecchio con una parodontopatia

Un paziente parodontopatico che vuole riallineare i denti con un apparecchio fisso può certamente farlo, ma solo dopo aver risolto o comunque messo in sicurezza la sua parodontite.

Durante la terapia ortodontica è indispensabile tenere sempre sotto controllo la salute del parodonto per evitare che si possa verificare una riacutizzazione della malattia.

È necessaria quindi una stretta collaborazione tra ortodontista e parodontologo.

Inoltre il paziente deve fare molta attenzione alla sua igiene orale domiciliare per evitare nuovi accumuli di placca e tartaro sui denti.

Le engive non devono mai sanguinare durante le manovre di spazzolamento. Se ciò accade bisogna subito farlo presente al proprio dentista parodontologo.

 

Trattamento parodontopatia

Prima di mettere l’apparecchio fisso occorrerà curare la parodontite.

Una delle cause principale della comparsa della parodontopatia è sicuramente la cattiva igiene orale. Se non ci si lava in modo accurato i denti dopo ogni pasto i batteri presenti normalmente nel cavo orale tendono ad accumularsi vicino alla gengiva formando la placca che se non rimossa con lo spazzolino si mineralizza formando il tartaro.

In una situazione in cui c’è un accumulo di placca e tartaro sui denti, può capitare che questi batteri cominciano a diffondersi al di sotto della gengiva formando tasche parodontali e provocando danni all’osso e al parodonto. Moltiplicandosi indisturbati al di sotto dei tessuti gengivali, i batteri producono tossine che con il tempo distruggono le cellule responsabili della riproduzione ossea, producendo così un riassorbimento osseo che provoca la mobilità e la caduta dei denti.

La patologia viene trattata dal parodontologo con sedute di ablazione del tartaro, curettage gengivale e levigatura delle radici attraverso l’ultilizzo di strumenti sonici di ultima generazione. Queste manovre mirano a rimuovere in modo accurato la placca, il tartaro e tessuti molli nelle tasche gengivali lasciando la superficie radicolare pulita e favorendo la guarigione dei tessuti parodontali.

Ovviamente prima si interviene e maggiori sono le probabilità di riuscire a salvare i denti naturali del paziente ed evitare l’impianto dentale.

 

Perché riallineare i denti

Riallineare i denti per un paziente con parodontopatia è utile non solo a fini estetici, ma può portare anche benefici per quanto riguarda il controllo e la prevenzione della malattia.

Avere denti diritti infatti vuol dire facilitare l’igiene orale domiciliare. Quando è presente un accavallamento dentale è molto difficile per i pazienti eliminare in modo efficace la placca o i depositi alimentari, pur lavando i denti correttamente. In questi casi viene lasciato ampio spazio alla proliferazione batterica e all’accumulo di tartaro, che come abbiamo visto è tra le principali cause dello sviluppo di parodontopatie.

 

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Curare la carie con parodontopatia

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La carie e la parodontite sono tra le più diffuse patologie che interessano il cavo orale. Pur non essendo collegate tra di loro, entrambe devono la loro comparsa alla scarsa igiene orale e alle abitudini sbagliate. Può capitare quindi che un paziente già parodontopatico possa avere anche uno o più denti cariati.

Pensi di avere una carie?

Come vedremo a breve, le parodontopatie sono patologie importanti che mettono a rischio la stabilità dei denti del paziente, in questi casi anche la cura di una semplice carie richiede degli accorgimenti particolari.

In ogni caso è importante un intervento tempestivo per scongiurare qualsiasi tipo di conseguenza.

 

Cos’è la carie e come si cura

La carie è un processo distruttivo dei tessuti duri del dente causato dall’azione di alcuni batteri che trovano nella placca e nel tartaro l’habitat perfetto per riprodursi. Se non eliminati con una corretta igiene orale, tali batteri cibandosi di carboidrati rilasciano un acido che comincia a corrodere lo smalto, ossia la parte più superficiale dei denti.

All’inizio la carie non dà sintomi e si presenta come delle macchie più scure sullo smalto. Se lasciato indisturbato il processo carioso progredisce fino ad arrivare alla polpa del dente presentandosi come una specie di buco scuro che contiene materiale rammollito. In genere è in questa fase che i pazienti si accorgono della presenza di una carie a causa del forte dolore.

Il trattamento messo in atto per curare la carie dipende dallo sviluppo della malattia. Se è nelle fasi iniziali, Dopo aver pulito il dente dal materiale infetto, il dentista riempie la cavità che si è formata con un’otturazione in composito per ricostruire il dente. Se la carie interessa la polpa è necessario devitalizzare il dente e poi proteggerlo con un otturazione o una corona dentale.

 

Cos’è la parodontite e come si cura

La parodontite è una malattia degenerativa causata dalla presenza di tartaro sottogengivale. Se c’è un accumulo di placca e tartaro vicino al solco gengivale, in individui predisposti, può capitare che i batteri iniziano a diffondersi anche al di sotto della gengiva. Se lasciati agire indisturbati tali batteri portano alla formazione di tasche parodontali, alla mobilità dentale e infine alla perdita dei denti.

Il trattamento per la parodontite prevede diverse sedute per la rimozione della placca e del tartaro dalla tasca parodontale. Il parodontologo, attraverso l’utilizzo di curettes soniche, rimuove tutti i tessuti molli ed eventualmente quelli necrotici in modo da lasciare la superficie radicolare perfettamente pulita e favorire la guarigione dei tessuti parodontali.

 

Come curare un dente cariato con una parodontopatia

Un dente interessato da parodontopatia ha bisogno di cure e attenzioni particolari. Se lo stesso dente è anche cariato, prima d iniziare il consueto trattamento per la carie è fondamentale mettere in pratica una terapia di pulizia semplice o curettage della tasca parodontale con lo scopo di eliminare la maggior parte dei batteri.

Questo passaggio è essenziale sia perché si rischiano contaminazioni durante la cura, sia perché i materiali adesivi che si utilizzano i per il trattamento della carie troverebbero un ambiente non adatto con un tessuto sanguinante (il parodonto infiammato) e non reagirebbero in maniera ottimale.

In ogni caso è sempre obbligatorio l’uso della diga di gomma nell’esecuzione di un otturazione dentaria.

In ogni modo è essenziale intervenire con tempestività, onde scongiurare la complicazione di effettuare una devitalizzazione su un dente già debole a causa di una parodontopatia. In linea generale si procede con la cura delle carie il giorno dopo aver fatto il curettage.

Non bisogna confondere una lesione ed un infezione causata dalla perdita di vitalità di un dente (parodontite apicale, granuloma, ascesso endodontico) da un infezione dovuta alla parodontite (ascesso parodontale).

 

Tempestività

Come abbiamo visto intervenire con tempestività nelle prime fasi dello sviluppo della patologia è essenziale per evitare il sopraggiungere di complicanze.

Per riuscire a bloccare la malattia sul nascere è importante fare quelle visite di controllo annuali dal dentista che la maggior parte dei pazienti evita un po’ per paura un po’ perché convinti di avere una buona salute del cavo orale data l’assenza di sintomatologia.

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Estrazione del Dente del Giudizio Senza Dolore

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Può succedere a tutte le età di soffrire dolori molto acuti a causa di un problema con i denti del giudizio. Questo è un tema molto importante perché spesso si registrano casi del genere: un dente del giudizio storto o infiammato può essere causa di sofferenza. E spesso si deve procedere con l’intervento chirurgico per l’estrazione.

Ma è una soluzione obbligata? Perché si parla spesso di estrazione preventiva e, soprattutto, fa male togliersi un dente del giudizio? Affrontiamo queste domande con attenzione, ecco le spiegazioni che spesso diamo ai pazienti che vengono nel nostro studio dentistico.

 Scopri di più sulla chirurgia orale

Dente del giudizio fa male: sintomi e dolore

Nella maggior parte dei casi ci accorgiamo dei denti del giudizio perché fanno male quando escono. Ma anche perché subentrano delle complicazioni. Quando infatti un dente del giudizio fa male, il dolore può essere causato dal fatto che la carie ha raggiunto la camera pulpare (il nervo) o proprio dall’infiammazione della gengiva attorno al dente.

In quest ultimo caso i sintomi sono genericamente il gonfiore, il dolore alla gengiva, ma anche il dolore alle orecchie, difficoltà ad ingoiare e ad aprire forte la bocca (sintomi caratteristici della disodontiasi del terzo molare inferiore che altro non è che l’infiammazione del sacco pericoronarico che avvolge la corona del dente fin quando il dente è incluso nell’osso) . Spesso il problema ai denti del giudizio si estende e comporta mal di gola, dolore alla cervicale, mal d’orecchio e altri sintomi correlati. In caso poi di tessuti necrotici, si può avere alito cattivo (puzza) causato da ascessi o afte.

Estrazione dente del giudizio: quando è necessaria?

È dimostrato che il dente del giudizio è un dente inutile alla masticazione per cui al primo problema è giusto pensare di estrarlo. Infatti la masticazione arriva fino ai settimi quindi l’autodetersione che normalmente avviene sugli elementi dentari proprio durante la masticazione, a livello dei denti del giudizio non avviene rendendoli di fatto più suscettibili alle carie.

Un dente del giudizio storto, anche in virtù del fatto di essere più difficile da raggiungere con lo spazzolino, può essere facilmente aggredito dai batteri che ne causano la carie.

Essendo difficile curare l’igiene orale a livello degli ottavi, potranno verificarsi poi infezioni e infiammazioni delle gengive e persino febbre e mal di gola (Disodontiasi del terzo molare inferiore).

Ma bisogna anche dire che se un dente del giudizio è storto ed inclinato verso il settimo, quasi sempre determina con il tempo una carie a carico del settimo spesso difficilmente curabile per cui in questi casi se ne raccomanda l’estrazione a scopo preventivo.

L’estrazione di un dente del giudizio cariato, infatti, può essere pianificata dal dentista per evitare l’insorgere di problemi mandibolari e mascellari più complessi come quelli indicati sopra. Essendo inutile alla masticazione, il dente può essere estratto senza alcun problema.Infatti la masticazione arriva fino ai settimi quindi l’autodetersione che normalmente avviene sugli elementi dentari proprio durante la masticazione, a livello dei denti del giudizio non avviene rendendoli di fatto più suscettibili alle carie. Ma questo può essere deciso sempre dopo una visita di controllo in grado di definire tutte le conseguenze di un’estrazione. Che deve essere sempre eseguita in sicurezza.

Denti storti e denti del giudizio: c’è una relazione?

In passato si pensava che lo sviluppo tardivo rispetto a quello degli altri denti, potesse avvenire in modo tale da non consentire un allineamento regolare o addirittura da produrre un disallineamento degli altri denti. Oggi è stato dimostrato che il dente del giudizio da solo non è in grado di determinare un disallineamento dei denti anteriori che avviene a prescindere dalla presenza degli ottavi dato che è proprio la risultante delle forze masticatorie a determinare questi disallineamenti.

A quale età si manifestano i problemi legati al dente del giudizio?

I primi problemi legati al dente del giudizio riguardano il suo sviluppo che solitamente comincia nell’età dell’adolescenza, intorno ai 17 anni, mentre le casistiche relative alle estrazioni a causa di problemi hanno una variabile di età più ampia che orbita intorno ai 35 e ai 40 anni, con punte che arrivano fino ai 50 e in alcuni casi addirittura a 60 anni.

A quale età estrarre i denti del giudizio? In questi casi è difficile dare una regola certa, tutto dipende dal risultato emerso in fase di analisi del paziente. Di sicuro una persona che effettua visite periodiche con cadenza semestrale può tenere la situazione sotto controllo e decidere con il dentista il momento migliore per togliere i denti.  I denti del giudizio devono essere estratti in modo da limitare i danni: di solito con il passare degli anni il movimento dei denti del giudizio storti tende a complicare la situazione. Quindi meglio intervenire il prima possibile.

Dente del giudizio e dolore, quali rimedi?

Solitamente consigliamo ai pazienti in età di primo sviluppo del dente del giudizio di evitare di mangiare cibi duri, troppo caldi o troppo freddi in caso di dolore di media entità. Quando il dolore aumenta si può ricorrere a un blando antidolorifico, ma senza eccedere nell’assunzione, perché ricordiamolo, gli antidolorifici agiscono solo sui sintomi.

Alcuni suggeriscono di tenere le gengive ben pulite imbevendo un batuffolo di ovatta con acqua ossigenata e passandolo sulle gengive, oppure utilizzando allo stesso scopo una siringa senza ago. Solitamente comunque in assenza di problemi specifici il dolore passa in pochi giorni. Quando il dolore non è causato dallo sviluppo naturale e fisiologico del dente del giudizio, bensì da un problema di tipo infettivo o di interesse ortodontico, l’unico rimedio è prenotare una visita dal dentista che osserverà la situazione e deciderà come intervenire.

A tal proposito è giusto ricordare questo: i problemi ai denti del giudizio non possono essere risolti con metodi fai da te e soluzioni casalinghe. I rischi sono importanti e solo la valutazione di un dentista professionista può dare una mano concreta per eliminare dei dolori e dei traumi che potrebbero essere anche molto gravi.

Quando si deve estrarre un dente del giudizio?

A volte bisogna toglierlo per forza perché può bloccare la bocca completamente e al di là del bruciore provocato dalle infezioni può addirittura danneggiare i denti o i tessuti circostanti fino a provocare buchi o lesioni gravi nella gengiva e addirittura nella guancia. Quando si verifica una situazione così rischiosa bisogna toglierlo.

Come si estrae solitamente un dente del giudizio?

L’estrazione del dente del giudizio si esegue normalmente come quella di un qualunque altro dente permanente: si usa una pinza con la quale si applica una forza tale da provocare un basculamento del dente nel suo alveo. Tale forza allenta la presa della gengiva e consente l’estrazione.

Il problema di questa tecnica canonica è che la sua applicazione provoca spesso una frattura del dente e costringe il medico e il paziente a una seduta operatoria che può durare anche due ore, tanto sarà il tempo necessario a rimuovere tutti i frammenti del dente spezzato dalla cavità in cui alloggiava. Non di rado, a seguito dell’estrazione problematicadi un dente del giudizio, può verificarsi un’alveolite dentale, cioè l’infiammazione dell’osso alveolare, la cavità ossea in cui alloggiano le radici dei denti.

Estrazione di un dente del giudizio in pochi minuti

Il caso precedente si verifica spesso quando la forza della pinza imprime una direzione “laterale” al dente da estrarre. Esiste tuttavia una tecnica, usata nel nostro studio, che consente di estrarre i denti del giudizio non più con le classiche pinze, ma attraverso leve.

Utilizzando una leva al posto di una pinza, la forza impressa per l’estrazione non segue più una direzione laterale, ma il dente viene spinto direttamente dal basso verso l’alto. Il paziente sarà estremamente soddisfatto nel vedere l’intervento di estrazione del dente del giudizio risolversi in breve tempo e soprattutto senza grosse conseguenze perché utilizzando le leve si eviterà di rompere il dente, quindi non ci saranno frammenti residui da eliminare.

Fa male togliere il dente del giudizio?

Ecco una delle preoccupazioni tipiche del paziente: farà male togliere il dente del giudizio? Quella che abbiamo descritto, e che utilizziamo nello studio dentistico cozzolino, è una tecnica estrattiva è atraumatica mediante l’utilizzo di leve. Quindi indolore, rapida e più sicura, pertanto la consigliamo a tutti i nostri pazienti e in generale a chiunque debba procedere con l’estrazione di un dente.

AUTORE: Dott. Fabio Cozzolino

Contattaci per qualsiasi dubbio.

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Denti consumati: cause e rimedi dell’erosione dentale

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I denti consumati hanno subito un processo di deterioramento e per questo hanno perso una certa quantità di tessuto duro, ossia lo smalto. Sicuramente è questa situazione è causa di inestetismi che causano ansia e imbarazzo alle persone, soprattutto in situazioni pubbliche. magari quando ridono o parlano in pubblico. Ma non solo.

 Scopri di più sulle faccette dentali

Avere denti consumati può essere anche un campanello d’allarme per patologie da affrontare con tempestività. Ovviamente con il supporto del proprio dentista di fiducia. I motivi dell’erosione dentale possono essere vari come differenti sono gli approcci terapeutici da mettere in atto per risolvere questo problema.

Perché i denti si consumano?

Le cause per cui i denti tendono a consumarsi possono avere origini diverse, a partire dalla presenza delle sostanze acide nella bocca che attaccano e sciolgono la parte esterna della dentatura provocando lesioni più o meno importanti. In questo caso l’erosione coinvolge tutta la superficie del dente.

Questa condizione è tipica di persone che soffrono di vomito frequente (disturbi alimentari come anoressia e bulimia) per l’acido cloridrico che dallo stomaco passa in bocca, dei pazienti affetti da reflusso gastroesofageo o da altre patologie che causano la risalita e a volte il rigurgito di materiali acidi, e da chi abusa nel consumo di cibi acidi (succo d’arancia, succhi di frutta, limone, etc.). A volte una bocca compromessa da denti erosi può essere il segnale di patologie più importanti così come di disturbi della psiche.

Denti consumati: bruxismo e abfraction

Oltre agli acidi esistono anche cause meccaniche del consumo dentale, come il bruxismo che porta a digrignare i denti o ancora lo sfregamento di altri materiali contro la superficie dentale, come lo spazzolamento scorretto e troppo forte e l’uso di dentifrici abrasivi a cui spesso si ricorre per sbiancarsi i denti da soli. In questo caso l’abrasione dentale interessa solo la superficie masticatoria e la superficie esterna del dente a livello dei colletti.

Una delle cause del bruxismo si ritrova nell’uso di droghe: cocaina, allucinogeni e altri stupefacenti portano l’individuo a un’eccitazione dei muscoli mascellari e quindi si digrignano i denti in modo scorretto, eccessivo, quindi dannoso per lo smalto. Non è quindi difficile riscontrare denti consumati tra chi è affetto da tossicodipendenza.

Un’altra causa del consumo dentale è l’abfraction, con questo termine si indica la condizione in cui il colletto del dente perde lo smalto per le flessioni che subisce a causa del digrignamento dentale. C’è comunque da dire che una certa usura dei denti è fisiologica ed è dovuta all’invecchiamento della persona.

Come si riconoscono i denti consumati

Ci sono segni evidenti che caratterizzano l’erosione dentale. Come prima cosa l’aspetto: a causa della perdita dello smalto, la bocca di chi soffre di questo disturbo presenta denti gialli e corti che compromettono l’armonia del sorriso causando talvolta imbarazzo.

Oltre alle conseguenze estetiche l’erosione dello smalto provoca un aumento della sensibilità dentale agli stimoli termici e dolore, in quanto la polpa dentaria scoperta è maggiormente esposta agli stimoli termici oltre che al rischio di contaminazione batterica.

Smalto denti trasparente: è un problema?

Un altro passaggio che permette di riconoscere i denti consumati: lo smalto diventa trasparente, soprattutto sui bordi. In qualche caso sembra che i denti abbiano un effetto vitreo. Questo ovviamente non deve essere una valutazione da effettuare da soli ma sempre con l’aiuto del dentista che sa come leggere i segnali.

In parte questo elemento non sempre riguarda lo smalto dei denti consumato, per questo la valutazione di questo aspetto deve essere fatta da un dentista professionista. Anche perché, quando la trasparenza del dente è importante, occorre provvedere in quanto è molto frequente una frattura o scheggiatura dell’elemento dentario.

Ricostruzione dei denti poco consumati

Ci sono casi in cui i denti consumati devono essere affrontati con terapie capaci di ridare il sorriso al paziente. In casi meno gravi di erosione dentale, invece, è possibile procedere con l’applicazione di ricostruzioni in composito o di faccette dentali, ideali soprattutto per risolvere problemi estetici e di ipersensibilità.

Risoluzione di usura dentaria e morso coperto con faccette in disilicato di litio.015

Come si cura l’erosione dentale

Dopo aver individuato la causa per cui i denti si consumano l’odontoiatra valuterà qual è l’approccio terapeutico da seguire per evitare o eliminare del tutto il problema dell’erosione dello smalto. A seconda del fenomeno che causa il consumo dentale si andrà a correggere la dieta, a migliorare la tecnica dello spazzolamento o a intervenire con l’applicazione di protesi dentarie.

In base all’entità del danno che il dente ha subito, il protesista deciderà se incapsulare il dente, nel caso in cui questo risulti essere irrimediabilmente compromesso, oppure se usare le faccette dentali in ceramica.

Fino a qualche anno fa per incapsulare il dente bisognava devitalizzarlo e limarlo tanto per poi applicare spesse corone dentali. Oggi, invece, con l’introduzione di nuovi materiali, come il disilicato di litio, è possibile realizzare corone talmente sottili e resistenti (come le full veneers) da permettere di incapsulare il dente dopo averlo limato pochissimo, talvolta senza neanche rimuovere del tutto lo smalto naturale dei denti.

Ci sono poi oggi tecniche totalmente additive come la 3 Step Technique che permettono di sostituire in pochissime sedute la parte abrasa degli elementi dentari in materiale composito e quindi ad un prezzo ragionevole.

In caso di abrasione da bruxismo la prima cosa da fare se si vuole attendere è proteggere i denti con una mascherina di protezione che verrà indossata nelle ore notturne.

Differenza tra erosione e abrasione

Questo è un punto importante da mettere a fuoco: c’è una differenza sostanziale tra erosione dentale e abrasione. La prima riguarda il consumarsi del dente in tutta la sua superficie. In genere è dovuta all’assunzione di sostanze acide e aggressive verso il dente. Mentre l’abrasione dentale riguarda solo una parte del dente, quella che riguarda la masticazione ed è di natura meccanica.

Esistono rimedi naturali per lo smalto dei denti?

Come sempre cerchiamo di mettere in guardia da soluzioni fai da te e casalinghe: la salute dei denti deve essere affrontata nella sede giusta, ovvero nello studio dentistico. A volte un’azione scoordinata, basata solo su quella che potrebbe essere una buona idea, può portare a conseguenze disastrose. Detto questo, ci sono diverse soluzioni per prevenire l’abrasione dentale e riguardano soprattutto l’alimentazione.

Chiedi al tuo dentista quali sono i cibi da evitare, in particolar modo quelli acidi, risolvi i problemi che comportano una risalita dei succhi gastrici – come il reflusso gastroesofageo o l’ernia iatale – ed evita tutto ciò che può portare a uno stato di bruxismo perenne, come lo stress. In questi casi un bite notturno può dare benefici nel tempo.

La saliva previene lo smalto dei denti rovinato?

Di sicuro questo liquido può fare la differenza. Un aspetto da valutare è la presenza della saliva in bocca, elemento di equilibrio contro gli acidi. Questo liquido che viene prodotto dalle rispettive ghiandole presenta generalmente un Ph neutro, si oppone al proliferare di batteri ed è un disinfettante naturale. Ma soprattutto ostacola il lavoro degli acidi. Quindi, per prevenire lo smalto dei denti consumato è giusto considerare anche la giusta presenza di saliva.

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Alveolite Post-Estrattiva

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Spesso i pazienti riscontrano problemi di alveolite dopo l’estrazione del dente. Si tratta di una situazione che può risultare particolarmente fastidiosa, anche perché hai già affrontato l’operazione per estrarre un molare, e ti ritrovi a dover affrontare un altro problema.

Che però può essere risolto grazie a una buona analisi e a un trattamento adeguato. Quindi, di cosa stiamo parlando quando citiamo il termine alveolite? Affrontiamo tutti i dettagli di questo tema.

Cos’è l’alveolite: definizione

L’alveolite è l’infiammazione dell’osso alveolare, cioè quella parte di osso della mandibola che circonda la radice del dente con l’interposizione del legamento parodontale.

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Insieme al gonfiore, al dolore e al sanguinamento, l’alveolite può essere la complicanza più fastidiosa e dolorosa a cui si va incontro dopo aver estratto un molare o qualsiasi altro dente.

Cosa succede dopo aver estratto un dente

Dopo che un dente è stato estratto il vuoto che viene a formarsi è “tappato” da un coagulo di sangue che blocca il sanguinamento, protegge i tessuti sottostanti dall’attacco di batteri e prepara la base del tessuto di granulazione da cui dipende la formazione del nuovo osso.

In alcuni casi è possibile che questo coagulo dopo estrazione dente non si formi oppure vada incontro a distruzione lasciando l’osso scoperto, ritardando la guarigione. Ma soprattutto provocando un dolore intenso e prolungato nel tempo che tende ad irradiarsi verso le zone limitrofe all’alveolo interessato.

Sintomi alveolite secca

Di solito il dolore legato all’infiammazione alveolare post-estrattiva (anche conosciuta come secca) inizia a farsi sentire all’incirca dopo 3 o 4 giorni dall’intervento di estrazione.

Altri sintomi sono l’alitosi, febbre alta, dolori gengivali, talvolta tumefazione facciale e linfadenopatia, cioè i linfonodi presenti nel collo possono ingrossarsi e fare male.

Diagnosi dell’alveolo dentale

All’esame intraorale la cavità alveolare si presenta vuota e secca o piena di residui di cibo, mentre la gengiva che circonda l’alveolo è poco arrossata, leggermente edematosa, liscia e lucente, se toccata i pazienti lamentano un forte dolore.

Fattori scatenanti alveolite

Provare dolore dopo estrazione dente molare può essere segnale di un’alveolite. Ma perché questa condizione si manifesta? Quali sono le cause dell’alveolite? Esistono alcune condizioni che possono predisporre il paziente all’infiammazione dell’alveolo:

  • Estrazione particolarmente traumatica (meglio procedere in via atraumatica)
  • Fumo di sigarette
  • Nella donna assunzione di anticoncezionali per via orale
  • Infezione odontogena preesistente all’estrazione
  • Parodontite cronica
  • Scarsa igiene orale
  • Sciacqui abbondanti dopo l’intervento

Un importante fattore che può scatenare l’alveolite è l’inserimento di punti di sutura. Dopo un estrazione, a volte,  vengono inseriti punti di sutura allo scopo di bloccare il sanguinamento. Ma questa può essere un’arma a doppio taglio. Infatti quando si applicando delle suture dopo un estrazione queste non possono chiudere i lembi ma servono a creare una rete che stabilizza il coagulo bloccando il sanguinamento. In questo caso le suture vanno rimosse dopo 24 ore. Altrimenti il cibo rischia di entrare e rimanere intrappolato dentro l’alveolo a causa della rete di suture.  Di fatto, questa rete di sutura è la prima causa di alveolite perchè trattiene il cibo all’interno dell’alveolo. Per tale motivo si cerca sempre di evitare l’inserimento di suture e quando sono assolutamente necessarie si posiziona in superficie una membrana in collagene che stabilizza il coagulo impedendo il ristagno di cibo all’interno dell’alveolo.

Cure per l’infiammazione dell’alveolo

Come curare la gengiva dopo l’estrazione? Fortunatamente l’alveolite post- estrattiva seppur molto fastidiosa non presenta particolari complicanze per quanto riguarda il processo di guarigione. Però devi affrontare il problema con l’aiuto del tuo dentista di fiducia.

Per curare l’alveolite è utile intervenire localmente con un raschiamento dell’alveolo, lavaggio dell’alveolo e applicazione di una medicazione antidolorifica. Questo intervento non è doloroso perché svolto in anestesia locale.

L’alveolite infatti tende a regredire da sé, è possibile intervenire per limitare la sintomatologia dolorosa e ripristinare le condizioni necessarie per favorire la ripresa dei processi rigenerativi.

Il mal di denti causato dall’infiammazione dell’alveolo può essere arginato con la somministrazione di anti infiammatori che risulteranno efficaci per un tempo limitato. Gli antibiotici invece non risultano efficaci perché l’alveolite è un’infiammazione, non un’infezione.

Alveolite secca: tempi di guarigione

Non ci sono particolari cure che riescano a diminuire i tempi di guarigione ma il trattamento di raschiamento dal dentista aiuta il paziente a superare le fasi più acute. Solitamente i pazienti avvertono la remissione del dolore già dopo un’ora dal trattamento.

Il raschiamento consiste nel far sanguinare l’alveolo. L’alveolite secca si manifesta clinicamente con aree di osso esposto. Generalmente è dovuta all’accumulo di residui alimentari all’interno dell’alveolo o all’aver fumato dopo l’intervento.

Si può prevenire l’alveolite post-estrattiva?

L’alveolite post estrazione dente è una condizione fastidiosa. Ma per evitare qualsiasi infezione alle gengive dopo l’intervento di estrazione di un dente basta seguire alcune semplici regole:

  1. Sottoporsi a una seduta di pulizia professionale per eliminare ogni traccia di tartaro dalle gengive almeno 10 giorni prima
  2. Fare sciacqui con colluttorio a base di clorexidina allo 0,20% nei giorni immediatamente precedenti all’intervento così da abbattere la carica batterica del cavo orale
  3. Non assumere farmaci che possono alterare il processo di coagulazione, come ad esempio l’aspirina
  4. Applicare tamponi di garza sterile medicata sulla lesione gengivale dopo l’estrazione
  5. Lavare l’alveolo con soluzione fisiologica fredda
  6. Ridurre al minimo il trauma gengivale
  7. Per la donna che assumono anticoncezionali programmare l’intervento di estrazione nell’ultima settimana del ciclo mestruale, perché in questo periodo il livello di estrogeni è particolarmente basso
  8. Evitare di masticare cibi dal lato dove è stato estratto il dente per evitare che residui possano depositarsi nella cavità alveolare
  9. Evitare di fumare nel periodo post operatorio.

In questo articolo trovi cause, rimedi e tempi di guarigione rispetto all’alveolite. Hai ancora qualche dubbio? Hai bisogno di indicazioni sulle terapie utili per curare questo problema?

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Impianti dentali e diabete

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Un paziente diabetico può trovarsi ad affrontare diverse complicazioni dovute all’iperglicemia. Tra queste ci sono anche alcune patologie del cavo orale che interessano principalmente i tessuti gengivali, ad esempio le gengiviti e la parodontite. In particolare quest’ultima se non tenuta sotto controllo porta alla perdita dei denti e alla necessità di sostituirli con impianti dentali. Purtroppo però gli interventi di implantologia dentale non sono sempre consigliati in un paziente diabetico e a breve vedremo perché.

Vuoi vedere come si impianta un dente?

 

Diabete e parodontite

Diabete e parodontopatia sono patologie collegate tra loro da un doppio filo, influenzandosi a vicenda innescano un circolo vizioso che non sempre è facile tenere sotto controllo.

Alcune ricerche hanno evidenziato come i pazienti con diabete siano più predisposti all’insorgenza della parodontite, sia perché l’iperglicemia favorisce la proliferazione di placca e tartaro, sia perché l’abbassamento delle difese immunitarie dei diabetici implica una minore capacità di reagire alle infezioni batteriche.

Inoltre la presenza di una malattia parodontale può avere un effetto negativo sul controllo glicemico rendendo più difficile la gestione dei livelli di glucosio nel sangue aggravando la situazione.

Per questo motivo non è affatto raro che una persona che ha il diabete di tipo 1 o di tipo 2, con il tempo rischi di avere problemi parodontali e di perdere i denti.

 

Cosa si può fare per prevenire la parodontite

Esattamente quello che dovrebbero fare tutti: corretta igiene orale e periodiche sedute di ablazione del tartaro.

Le conseguenza più gravi sulla salute dei denti in un paziente diabetico si hanno quando c’è una scarsa igiene orale domiciliare. Tuttavia, in alcuni casi, una scrupolosa pulizia dei denti a casa può non essere sufficiente a evitare i danni del diabete sui denti, per questo è indispensabile un controllo periodico dal dentista. Se ci si sottopone con la giusta frequenza a sedute di pulizia dentale professionale, anche sottogengivale, si riesce a migliorare la salute delle gengive e ridurre significativamente le possibilità di sviluppo della malattia parodontale.

Inoltre è indispensabile anche riuscire a tenere sotto controllo l’iperglicemia, con farmaci o con un corretto stile di vita, proprio per la relazione biunivoca che collega le due patologie.

 

Implantologia dentale per i pazienti diabetici

Quando c’è la mancanza di un dente spesso si ricorre all’implantologia dentale per ripristinare la corretta funzionalità della bocca oltre che per migliorare l’estetica del sorriso. L’implantologia dentale per pazienti diabetici però è stata sempre considerata più rischiosa perché presenta più alte percentuali di insuccesso a causa della particolare condizione metabolica. I rischi in caso di diabete non compensato infatti vanno da un allungamento dei tempi di guarigione allo sviluppo di gravi infezioni che rallentano il processo di osteointegrazione dell’impianto decretando il fallimento dell’operazione.

Tuttavia la strada dell’implantologia dentale in caso di iperglicemia non è sempre sconsigliata. Un paziente che riesce tramite una dieta sana, un corretto stile di vita o la somministrazione dell’insulina a tenere nella norma i suoi indici glicemici può tranquillamente decidere di mettere un impianto dentale.

Sarà necessario seguire un particolare protocollo che prevede la misurazione degli indici glicemici per diversi mesi, la pianificazione di una terapia antibiotica e la programmazione dell’intervento in momenti particolari della giornata per ridurre al minimo eventuali complicazioni.

Se il diabete è tenuto sotto controllo e si esegue una corretta profilassi antibiotica non ci sono particolari controindicazioni all’inserimento degli impianti.

Come sempre ogni caso ha le sue peculiarità e deve essere attentamente valutato prima di procedere a qualsiasi tipo di intervento.

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Paura del dentista nei bambini

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I bambini non sono adulti in miniatura. Questa è la prima cosa che un dentista dovrebbe sapere quando visita un bambino. Un pedodontista, cioè un dentista specializzato nel suo lavoro con i bambini, sa bene che questi a differenza delle persone adulte tendono a rivivere fisicamente un trauma che li ha colpiti in passato.

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Capita spesso che i più piccoli, se risentono di odontofobia, si facciano prendere dal panico sulla poltrona del dentista. Come risolvere questi problemi e risolvere la paura del dentista nei bambini? E per i genitori si può affrontare questo discorso: come convincere un bambino ad andare dal dentista?

Cosa causa la paura del dentista nei bambini?

Solitamente un trauma precedente, un brutto ricordo legato a un’esperienza vissuta in prima persona o da un parente. Per evitare che si verifichi una situazione del genere, il dentista deve stare molto attento a quello che dice e a quello che non dice. È infatti una pratica scorretta tenere il bambino all’oscuro di quello che gli sta per succedere. Occorre piuttosto usare i termini giusti, quindi il trapano diventerà un pulitore speciale e una siringa diventerà un tubicino magico.

Grande influenza in questo meccanismo arriva, ovviamente, dai genitori. Se si dipinge il dentista come una persona che dovrà fare qualcosa di doloroso si rischia di traumatizzare il bambino e di insinuare la paura prima ancora di iniziare la terapia. Al tempo stesso è sbagliato tranquillizzare prima ancora di arrivare in studio: il bambino si chiederà perché tutto questo, alimentando il timore. E poi la paura del dentista.

A questo punto, anche il più piccolo fastidio sarà vissuto come un dramma. Per evitare tutto questo è utile vivere anche la prima visita dal dentista come un evento di routine, qualcosa di piacevole con un premio finale che verrà elargito al bambino alla fine del trattamento. D’altro canto anche il dentista deve accogliere il bambino e fare in modo che si senta a suo agio.

Il cinema e l’odontofobia infantile

Un altro responsabile della paura del dentista nei bambini è sicuramente il cinema che da sempre ci ha trasmesso un’immagine dello studio dentistico più vicina a una stanza delle torture medioevale che a un luogo in cui risolvere problemi e recuperare il sorriso. Nel film d’animazione Alla ricerca di Nemo, il protagonista viene catturato da un dentista cattivo che lo mette nell’acquario insieme ad altri pesciolini traumatizzati dalle urla dei pazienti dello studio. Non possiamo sorprenderci più di tanto se poi i nostri figli crescono nel terrore di fare un semplice controllo.

Come evitare tutto questo? In primo luogo può essere utile evitare scene di bambini dal dentista che piangono, o che in qualche modo sono spaventati da questo medico. Non è facile assicurarsi che il proprio figlio sia sempre al sicuro di queste scene, ma è meglio tutelare quando possibile.

Anestesia (senza ago) e sedazione cosciente

Il momento dell’anestesia è sicuramente il più delicato. Una volta effettuata il bambino non sentirà dolore, però il terrore dell’ago è sempre forte. Per questo spesso si parla di anestesia con sedazione cosciente, tecnica per rilassare il paziente e renderlo capace di controllare il dolore.

Se è vero che la sedazione cosciente tramite protossido di azoto può risultare molto efficace, soprattutto per il dentista per bambini disabili, bisognerà comunque stare molto attenti a non traumatizzare il bambino mostrandosi troppo o troppo poco sicuri e a non risvegliare ricordi traumatici attraverso il linguaggio. In caso di utilizzo di tecniche di sedazione cosciente è consigliabile sempre la presenza dell’anestesista.

Una buona pratica adottata da molti dentisti è spiazzare le attese del bambino rompendo lo schema mentale che aveva costruito in sala d’attesa. Non sarà ad esempio il bambino a sedere sulla poltrona operatoria ma lo stesso dentista, che non fisserà mai i denti del piccolo paziente, ma quelli dei genitori o dei suoi assistenti.

Superare la paura del dentista: ipnosi o fiducia?

Esistono anche tecniche ipnotiche che altro non sono che tecniche di linguaggio che funzionano in modo tale da concentrare al massimo l’attenzione del bambino sulla voce del dentista, distogliendola da tutti gli elementi interni alla sua percezione legati a possibili fattori traumatici, o esterni, legati alla sala operatoria in sé.

Il bambino, leggermente disorientato seguirà indicazioni che gli arriveranno e sarà meno preso dalla paura della situazione in cui si trova. Tutto questo con il benestare dei genitori che spesso hanno questo problema: “mio figlio non vuole andare dal dentista, è possibile avere anestesia senza ago o altri metodi per non spaventarlo?”. Dipende, in realtà ciò che conta veramente è il rapporto che si crea tra dentista e paziente.

Il bambino deve potersi fidare, per questo motivo non va mai ingannato, ma assecondato. Mai usare la forza o costringerlo a togliere un dente o anche solo a sedersi sulla poltrona per un controllo ortodontico se non vuole. Un valido rinforzo può essere dato dal mostrare al bambino di 7 – 9 anni, un altro bambino più piccolo mentre si sottopone serenamente allo stesso tipo di intervento. Questo genere di interventi rassicurano tantissimo i piccoli pazienti e li rendono collaborativi.

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Mettere l’impianto dentale con l’osteoporosi

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L’osteoporosi è una malattia abbastanza frequente tra la popolazione anziana, a soffrirne sono soprattutto le donne che risentono di cambiamenti ormonali a seguito della menopausa.

Questa patologia interessa il tessuto osseo determinandone una minore densità e di conseguenza una maggiore fragilità e un aumento del rischio di fratture.

Vuoi vedere come mettiamo gli impianti?

Cosa c’entra una malattia come l’osteoporosi con la salute dei denti?

Forse non tutti sanno che l’osteoporosi può colpire qualsiasi osso del corpo umano, quindi anche le ossa mascellari con conseguenze anche gravi sulla stabilità dei denti. Inoltre per la cura dell’osteoporosi vengono utilizzati farmaci, i bisfosfonati, che possono compromettere la possibilità di realizzare un intervento di implantologia dentale.

 

Perdita dei denti e osteoporosi

Purtroppo per le persone affette da osteoporosi alle ossa mascellari, le probabilità di perdere i denti sono abbastanza alte. Normalmente i denti sono saldamente ancorati alla mascella e alla mandibola, ma se queste sono colpite da osteoporosi, la bassa densità ossea che ne consegue può compromettere anche la stabilità dei denti facilitandone la caduta.

Inoltre in alcuni studi è stato evidenziato come l’indebolimento dell’ancoraggio dei denti alle ossa renda più probabili le infiltrazioni batteriche nelle strutture del parodondonto, agevolando lo sviluppo della parodontite.

 

Implantologia dentale con l’osteoporosi

Spesso chi soffre di osteoporosi e ha perso i denti pensa che per la sua particolare patologia, sia destinato a portare una protesi mobile, in realtà è possibile recuperare la funzionalità e l’estetica del sorriso ricorrendo all’implantologia dentale. L’importante è informare nel dettaglio l’implantologo dello stato della malattia e del piano terapeutico in atto onde evitare di incorrere in complicazioni. Chi assume bisfosfonati, farmaci che ostacolano il riassorbimento osseo, deve seguire particolari protocolli preventivi per non correre rischi. Il paziente con l’osteoporosi che prende questo tipo di molecole da molto tempo infatti può andare incontro a osteonecrosi, ossia la necrosi delle ossa mascellari, che una volta in atto difficilmente può essere tenuta sotto controllo.

 

Cosa succede se c’è mancanza di osso?

Nei casi in cui non sia presente una quantità tale di osso da sostenere l’impianto dentale, è necessario ricorrere  a manovre di rigenerazione ossea come il rialzo del seno mascellare o gli innesti ossei con cui è possibile ristabilire una quantità di osso sufficiente da garantire il successo dell’implantologia dentale.

Come abbiamo visto anche una persona con l’osteoporosi può sottoporsi a interventi di implantologia dentale, l’importante è informare accuratamente il dentista che in base al caso specifico saprà consigliare la strada giusta da seguire.

 

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